Il turismo congressuale è un fenomeno in crescita a livello globale: è attivato da coloro che si allontanano dalla propria residenza per partecipare a congressi e ad eventi di natura professionale.

In Italia, il turismo congressuale vale il 19% dell’intera spesa turistica: le città più attive sono Roma e Milano; Firenze, Venezia, Bologna, Rimini, Torino, Genova e Napoli seguono a ruota.

Nel 2018 sono aumentati gli eventi realizzati in Italia: complessivamente sono stati 421.503 tra congressi ed eventi (597.224 giornate), con un incremento rispettivamente del 5,8% e del 6,7% rispetto al 2017. La durata media, pari a 1,42 giorni, rimane stabile mentre sono in lieve flessione (-2,4%) i partecipanti (28.386.815) e le presenze (42.319.349).

Sono i dati dell’Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi-Oice, promosso da Federcongressi&eventi e realizzato dall’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Secondo l’Oice, sono necessari interventi istituzionali ad hoc per rendere più attrattiva l’Italia come destinazione per congressi. “Internazionalizzazione, pianificazione e qualità: sono questi i tre elementi di cui l’Italia ha bisogno per competere e uscire dall’impasse che rileviamo nel mercato associativo”, commenta la presidente di Federcongressi&eventi Alessandra Albarelli.

La maggioranza dei congressi ed eventi (il 59,5%) ha infatti una dimensione locale, cioè con partecipanti (relatori esclusi) provenienti prevalentemente dalla stessa regione della sede. Tuttavia, la tendenza si sta gradualmente invertendo: diminuiscono gli eventi nazionali, passati dal 35,2% del 2017 al 32,4% mentre aumentano dal 7,9% del 2017 all’8,1% del 2018 gli eventi internazionali, con partecipanti provenienti in numero significativo dall’estero.

Il Nord è l’area geografica che attrae maggiormente congressi ed eventi. Dei 421.503 eventi rilevati dall’Oice, infatti, oltre la metà (57,7%), e con un incremento del 7,8%, si è svolta nelle regioni settentrionali. Continua però l’ascesa del Sud e delle Isole come destinazioni per eventi, fenomeno attribuibile sia all’efficace attività promozionale svolta dai convention bureau ma anche dagli enti pubblici locali, sia agli investimenti in infrastrutture e servizi. Nel 2018 il Sud e le Isole (con rispettivamente il 13,7% e l’8,4% delle sedi) ha ospitato infatti il 17,7% degli eventi, con una crescita dell’8,3%.

Nonostante non abbia ancora espresso tutte le sue potenzialità, il turismo congressuale in Italia rimane un settore importante sia per l’industria turistica sia per l’economia del Paese: rispetto al turismo da tempo libero, è caratterizzato da una spesa media pro-capite maggiore – il congressista vanta una spesa media giornaliera del +200% rispetto a quella di un turista tradizionale – e dall’assenza di una accentuata stagionalità, sebbene gran parte degli eventi e dei congressi siano concentrati nel secondo semestre dell’anno. La capacità del turismo congressuale di essere complementare ad altre forme di turismo e, talvolta, di rafforzarle – un business traveler, ad esempio, può organizzare con la propria famiglia una vacanza nello stesso paese in cui si è recato per lavoro – può essere un punto di forza per un ulteriore sviluppo economico. Il turismo congressuale infatti non favorisce solo la crescita economica, ma anche quella dei servizi: l’industria congressuale offre numerosi sbocchi lavorativi, in più settori.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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