Lo scorso mese di aprile durante l’ultimo round negoziale sull’annosa e da ieri “risolta” questione del programma nucleare iraniano, l’impressione era che si stesse facendo la storia ma sarebbero servite ulteriori conferme.

Le conferme con il tempo e la pazienza sono arrivate e la storia va avanti, accelera e prova a recuperare il tempo andato.

Il raggiungimento a Vienna - dopo il più lungo round negoziale della storia recente - di un accordo complessivo e comprensivo tra Teheran e i paesi del gruppo “P5+1” (Francia, Germania, Russia, Cina, Stati Uniti + UE) apre scenari inesplorati.

Alberto Negri su “Il Sole 24 Ore”, ricordando il suo viaggio a Teheran all’indomani della Rivoluzione Islamica e un attimo prima dello scoppio della Guerra con l’Iraq, e ribadendo come alla prova del tempo - 35 anni dopo - la Repubblica Islamica sia una delle poche entità statali ancora integra nella regione, ha così commentato le evoluzioni di queste ultime ore:

“Per la prima volta la diplomazia, multilaterale e condivisa, ha la meglio sulle armi: in Medio Oriente non accade mai. Questo é il significato immediato ma anche profondo dell’accordo di Vienna sul nucleare iraniano. Potrà non piacere ai falchi iraniani e a quelli del Congresso chiamati ad approvarlo, non piace ad Israele, che ritiene l’Iran una minaccia esistenziale, preoccupa assai l’Arabia Saudita e le Monarchie del Golfo: ma nessuno degli attori regionali ha mai portato a termine un risultato così importante, venuto dopo anni di negoziati estenuanti”.

L’accelerazione nei negoziati é iniziata nel 2013 e oggi siamo di fronte all’opportunità di un nuovo “anno zero” per le relazioni tra Teheran e l’Occidente, drasticamente interrotte nel 1979 quando all’indomani della rivoluzione iraniana e della crisi degli ostaggi, da miglior alleato nell’area, Teheran divenne l’incubo maggiore.

E’ stata “la nostra” Federica Mogherini, nella sua veste di sempre più apprezzato Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ad aprire la riunione plenaria finale con accanto il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif ad annunciare: “L’accordo é formalmente concluso. Si apre un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali. E’ il risultato di un lavoro molto duro di tutti noi, ringrazio tutti coloro che siedono a questo tavolo e anche chi sta dietro e ha lavorato per mesi e anni per raggiungere questo punto. Un segnale di speranza lanciato al mondo”.

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Il “collega” persiano, Mohammad Javad Zarif pur non riconoscendo la perfezione dell’intesa raggiunta, ha sottolineato l’importanza del momento che - dopo decenni di incomprensioni - apre una nuova stagione che porta con sé nuove speranze per il futuro, mentre in patria la popolazione festeggia, dimostrando la voglia di normalità.

Ci sono voluti 21 mesi di duri negoziati per arrivare allo storico accordo sul programma nucleare dell’Iran, e lo stesso rush finale é stato estenuante con i negoziati che dovevano concludersi a Vienna inizialmente entro il 30 giugno, come stabilito nel round negoziale di aprile.

Nel documento finale firmato a Vienna si affrontano tutte le criticità sul campo e le questioni rimaste irrisolte in questi anni, per provare ad affermare in maniera pragmatica un nuovo contesto favorevole a tutti gli attori in campo e soprattutto che tenga conto anche del mutato scenario geopolitico a livello regionale.

In sintesi sono questi i punti principali:

Taglio scorte uranio arricchito: si dovrà scendere dagli attuali 10 mila chili immagazzinati dalle autorità di Teheran a 300 chili, con una riduzione del 98% ed é prevista inoltre una moratoria di 15 anni sull’arricchimento dell’uranio al di sopra del 3,67%.

Centrifughe: il numero sarà ridotto di due terzi, passando dalle attuali 19 mila a poco più di 5.000 mila, di cui oltre mille saranno riconvertite per la produzione di isotopi per uso medico, utilizzati soprattutto nella lotta contro il cancro.

Ispettori: gli ispettori Aiea in teoria avranno accesso 24 ore su 24, sette giorni su sette ai siti nucleari iraniani, anche a quelli militari, anche se é prevista anche la possibilità per Teheran di appellarsi a un tribunale arbitrale composto da tutti i Paesi firmatari dell’accordo.

Sanzioni: le sanzioni che hanno messo in ginocchio l’economia iraniana (e ad essere onesti anche il nostro interscambio), colpiscono energia, commercio, trasporti e finanza. La rimozione é prevista a partire dal 2016 e l’effetto più immediato sarà innanzitutto la possibilità per la Repubblica Islamica di tornare a vendere petrolio sui mercati internazionali.

Entro luglio é prevista l’approvazione di una risoluzione ONU, cui seguiranno 90 giorni in cui l’Iran, in seguito alle ispezioni, dovrà dimostrare di rispettare gli impegni presi. In caso di violazione degli impegni, una commissione costituita sempre dagli Stati del gruppo “P5+1”, potrà decidere a maggioranza il ripristino immediato delle misure restrittive.

Embargo armi: l’embargo sulle armi, resterà in vigore per altri 5 anni e sarà allentato gradualmente e naturalmente per il momento non si prevede a breve termine la fine dell’embargo per tutte le tecnologie legate alle testate nucleari.

Il taglio combinato delle centrifughe e delle scorte di uranio porta ad un anno il tempo che all’Iran sarebbe necessario per produrre materiale per una bomba atomica, arco di tempo sufficiente per poter intraprendere contromisure sul fronte occidentale, mentre l’entrata in vigore dell’accordo - ricordiamolo anche perché qui potrebbero sorgere nuovi problemi sui rispettivi fronti interni - necessiterà ora dell’approvazione del Congresso statunitense e dell’assemblea legislativa iraniana, nonché di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

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La rimozione definitiva delle sanzioni sarà concordata durante la fase operativa dell’accordo e da un lato le limitazioni del programma nucleare di Teheran e dall’altro l’alleggerimento delle sanzioni, troverebbero dunque applicazione ipoteticamente nella prima metà del 2016 e l’Iran ha accettato anche il principio di un ritorno alle sanzioni entro 65 giorni se dovesse essere accertata una sua violazione del trattato.

Dalla Casa Bianca invece Barack Obama, che raccoglie un nuovo successo sul piano internazionale, lancia al mondo un messaggio rassicurante in merito all’accordo raggiunto puntando l’attenzione sul metodo perché :

“Grazie all’accordo, la comunità internazionale potrà verificare che l’Iran non sviluppi l’arma atomica. Teheran sarà privata del 98 per cento delle sue attuali riserve di uranio arricchito. E’ un accordo che non si basa sulla fiducia ma sulla verifica. Se l’Iran violerà l’accordo tutte le sanzioni saranno ripristinate e ci saranno serie conseguenze. Nessun accordo avrebbe significato nessun limite al programma nucleare iraniano. Gli Stati Uniti manterranno le sanzioni contro l’Iran collegate alla violazione dei diritti umani. Sarebbe irresponsabile allontanarsi da questo accordo. Porrò il veto a qualsiasi legge che si opporrà alla sua attuazione”.

Andando a noi, già partner privilegiato dell’Iran nonostante le sanzioni, l’Italia potrebbe accrescere ulteriormente le proprie esportazioni con l’uscita di Teheran dall’isolamento internazionale e l’incremento nei prossimi tre anni potrebbe valere non meno di 3/4 miliardi di euro secondo i dati dell’Agenzia ICE e della SACE.

La volontà é quindi quella di muoversi subito per provare a recuperare il tempo andato e le posizioni perse tra i fornitori della Repubblica Islamica e pare che già entro l’estate potrebbe essere organizzata una missione con le imprese italiane.

La concorrenza naturalmente non manca, non sta a guardare e non é stata a guardare in questi anni di cieche incomprensioni e così Cina, India, Russia e Brasile, negli ultimi anni hanno guadagnato posizioni importanti nel paese.

Tra i settori più interessanti inevitabilmente vi é l’industria petrolifera,  ma margini di crescita importanti sono offerti anche da energie rinnovabili, protezione ambientale e trattamento delle acque oltre alla difesa, alle costruzioni, alle infrastrutture, ai trasporti su ferro e su gomma; alla cantieristica, ai veicoli agricoli e commerciali.

Le evoluzioni nell’interscambio commerciale nei primi mesi del 2015 dimostrano già un’inversione di tendenza in atto, favorita dallo schiarirsi delle nubi a livello internazionale e infatti si registra una crescita del 32% dell’export italiano nel primo trimestre dell’anno e addirittura del 120% di quello iraniano verso l’Italia.

Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi non ha dubbi sul valore dell’accordo per la stabilità regionale:

“L’accordo semina una nuova speranza per un processo di pacificazione regionale. Sarà impegno dell’Italia supportare attivamente e con ogni mezzo tale processo, e far sì che da esso possano trarre beneficio tutti i Paesi della regione, nessuno escluso, con l’obiettivo di giungere a un Medio Oriente finalmente stabile, dove tutti i popoli che lo abitano possano vivere in pace e sicurezza”.

E ha voluto ricordare anche i meriti della “sua creatura”, Federica Mogherini, oltre a ribadire come l’Europa che ci piace é quella che sa fare la differenza:

“L’Europa, attraverso il suo Alto Rappresentante Federica Mogherini che ha brillantemente guidato i negoziati, ha dato oggi di sé il volto migliore, la sua capacità di contribuire alla pace.

È questa l’Europa che ci piace e alla quale l’Italia ha sempre dato e continuerà a dare con rinnovato impegno e determinazione tutto il suo convinto sostegno”.

Insomma nelle ultime settimane l’opinione pubblica mondiale ha avuto modo di verificare come e quanto può essere diverso il concetto del “negoziare” perché, rincorrere una dimensione etica non porta da nessuna parte, mentre affrontare i problemi sul campo é saggio e virtuoso, e nei confronti dell’Iran é stato proprio il cambio di prospettiva da entrambi i lati del tavolo a dare slancio al negoziato e a portare a dei risultati che tutti sperano possano diventare realtà concreta in tempi certi e senza ulteriori colpi di scena.

Tralasciando le critiche sollevate da Israele che considera la Repubblica Islamica come un nemico fisiologico, é evidente il potenziale che può dispiegare un coinvolgimento diretto e “sacrosanto” di Teheran sulle diverse e a volte non scalabili difficoltà mediorientali, una volta ridata dignità a un popolo erede di una cultura millenaria troppo spesso additato come terrorista.

Il futuro oggi si scrive insieme, finalmente.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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