La crisi reale dei paesi emergenti oggi sta avendo ripercussioni ovunque e certamente Pechino in primis ha innestato una reazione a catena che risparmia pochi nel villaggio globale.

 

Il Messico a differenza di altri emergenti in questo momento subisce in maniera minore il calo dell’economia cinese. Storicamente agganciato all’andamento del blocco Nord Americano - vantaggio o svantaggio che sia - in questo momento per il Messico rappresenta un asso nella manica di non poco conto perché, rispetto alla “Vecchia Europa” che lancia timidi e a volte contraddittori segnali di ripresa, il “Nuovo Mondo” é davvero ripartito e la crescita economica tornata ad essere dinamica.

 

Naturalmente i dati vengono in soccorso e così se nel 2014 - dopo il rallentamento registrato dall’economia messicana nel biennio precedente - la crescita del PIL si é attestata oltre i due punti percentuali rispetto all’anno precedente (+2,1%), in questo 2015 lo scenario potrebbe essere ancora più positivo esplorando e valorizzando potenzialità ancora inesplorate.

 

A confermarlo sono gli stessi dati del Fondo Monetario Internazionale - FMI che stimano una crescita del 3,2% nell’anno in corso e del 3,5% nel 2016, in linea con “le forbici” delle stime della banca centrale messicana (+2,9%-3,5% nel 2015 e +2,9%-3,9% nel 2016) e addirittura oltre i livelli di crescita di Stati Uniti e Canada.

 

Certo non mancano criticità legate alla caduta del prezzo del petrolio e al conseguente calo di entrate fiscali che, però, si é tradotto in tagli alla spesa pubblica per circa 7 miliardi di euro e una moneta relativamente debole - soprattutto a fronte dell’apprezzamento del dollaro - che favorirà le esportazioni e di conseguenza anche la crescita dell’industria manifatturiera.

 

La competitività dell’economia e dell’industria locale cresce costantemente da qualche anno. Certamente una delle ragioni principali é la particolare posizione geo-strategica, rappresentando in pratica un ponte tra il mercato nordamericano (NAFTA) e il mercato latinoamericano ma anche la competitività sui costi della manodopera con stipendi il 20% più bassi di quelli cinesi e il poter godere - oltre al NAFTA – di accordi di libero scambio in vigore con 45 paesi. Tutto ciò configura uno scenario che offre incoraggianti prospettive in termini di attrazione di investimenti esteri.

 

Il Messico é a pieno titolo tra le principali economie emergenti, essendo membro G20 e OCSE e potendo appunto contare su un’economia particolarmente aperta al commercio e all’attrazione degli investimenti esteri.

 

Bisogna poi considerare il grande mercato interno, una variabile di non poco conto con oltre 115 milioni di abitanti e circa la metà della popolazione messicana – secondo le stime - ha meno di 28 anni. Ed é lo stesso mercato interno messicano ad avere un ottimo potenziale di crescita, grazie alla costante crescita del livello di vita della popolazione e all’ampliarsi della classe ad alto e medio reddito del Paese.

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Tra i protagonisti della rinascita economica e sociale del Messico vi é certamente il leader attuale del Governo, Enrique Peña Nieto che da quando si é insediato nel 2012, ha l’obiettivo concreto di far capire al mondo che il Messico é e vuole essere considerato, un attore fondamentale sullo scenario globale, in grado di dare un contributo di primaria importanza nell’affrontare le sfide dell’umanità in questo terzo millennio.

 

Il programma di Peña Nieto ha puntato innanzitutto a portare il Paese sulla via della modernizzazione attraverso riforme strutturali in molti settori dell’economia ed il leader é il simbolo di un rinnovamento nella classe dirigente del Paese pur avendo riportato a governare il Partido de la Revolucion Democratica (PRI), lo storico partito egemonico che ha controllato il Paese per oltre settant’anni, prima della parentesi dei due sessenni di governo del Partido de Accion Nacional (PAN) con le Presidenze di Vicente Fox e Felipe Calderon e relative ubriacature liberiste.

 

Nel corso del 2013-14, sono state approvate infatti riforme di portata costituzionale in diversi campi (istruzione, telecomunicazioni, concorrenza, fisco, finanza e energia) proprio a testimonianza della determinazione nel voler incidere sulle rigidità che - secondo la visione di analisti e governanti - hanno tenuto imbrigliato il grande potenziale del mercato messicano, finora.

 

Oggi la sfida é infatti quelle di diminuire la dipendenza dalle entrate petrolifere e far crescere in qualità e quantità l’industria manifatturiera locale, oltre a voler attrarre sempre di più l’interesse degli investitori stranieri.

 

Certo non mancano le criticità rimaste irrisolte o intermittenti (corruzione, narcotraffico, sicurezza, ecc.) e non bisogna dimenticare come in Messico, la disuguaglianza sociale rimane un aspetto cruciale da affrontare, pur provando ad affermarsi sempre più come grande economia emergente che può contare su un apparato produttivo competitivo a livello globale.

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Il governo procede spedito cercando di non farsi condizionare e negli ultimi due mesi ha lanciato altri due importanti progetti di crescita e investimento infrastrutturali all’interno del “Plan Nacional de Infraestructura”. Il primo annunciato ad agosto punta a duplicare la capacità del sistema portuale nazionale - passando da 260 a oltre 500 milioni di tonnellate l’anno, il secondo annunciato proprio nelle ultime settimane ha dato avvio alle gare per il primo pacchetto di lavori preliminari relativi alla costruzione del Nuovo Aeroporto Internazionale di Città del Messico, un progetto faraonico (oltre 10 miliardi di dollari l’investimento complessivo), ambizione e determinazione: creare entro il 2018 il primo aeroporto del continente latino-americano con un potenziale di 50 milioni di passeggeri e tre piste.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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