Lo scorso 29 dicembre 2015 il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il decreto direttoriale che prevede lo stanziamento di 3 milioni di euro per i consorzi per l’internazionalizzazione con l’obiettivo di favorire l’espansione dei prodotti e dei servizi delle nostre PMI sui mercati internazionali.

Tra le priorità individuate anche la lotta - sempre più non prorogabile - al fenomeno “Italian Sounding”, per diffondere la conoscenza del vero Made in Italy tra i consumatori internazionali e contrastare la contraffazione dei prodotti nel comparto agroalimentare, una piaga che sottrae al sistema economico oltre 60 miliardi di euro.

Fra le iniziative finanziabili, oltre alla partecipazione a fiere internazionali e workshop, ci sono anche l’apertura di show-room temporanei, organizzazione di incontri B2B, la predisposizione di azioni di comunicazione sul mercato estero, attività di formazione specialistica per l’internazionalizzazione e realizzazione e registrazione del marchio consortile.

La scadenza per presentare domanda è il prossimo 15 febbraio 2016, mentre il termine ultimo per la realizzazione del progetto è fissata al 31 dicembre 2016.

Le agevolazioni saranno concesse in forma di contributi a fondo perduto fino al 50% delle spese ammissibili per progetti di valore compreso fra 50 e 400mila euro che prevedono il coinvolgimento di almeno 5 PMI provenienti da almeno tre diverse regioni italiane ma appartenenti allo stesso settore.

In merito alle misure a sostegno dell’autoimprenditorialità previste dal D. Lgs. 185/2000, recentemente sono state rifinanziate con il DM 140/2015 che ha stanziato una cifra pari a 50 milioni di euro. Questi incentivi si rivolgono alle categorie considerate più “deboli” (donne e giovani fino a 35 anni di età) residenti in Italia e pronti a costituirsi in forma societaria entro 45 giorni dall’ammissione all’incentivo, e ad imprese nate da meno di un anno a prevalente partecipazione femminile o giovanile.

Dal prossimo 13 gennaio sarà possibile presentare le domande d’ammissione e in questo caso però i contributi non sono a fondo perduto, ma erogati sotto forma di finanziamenti agevolati a tasso zero ed hanno una durata massima di 8 anni, fino al 75% di investimenti che non superino la soglia di 1,5 milioni di euro.

Oltre a queste due misure specifiche altri provvedimenti ancor più significativi sono stati previsti nella Legge di Stabilità votata dal Parlamento a fine mese che ha mobilitato nuove risorse a sostegno delle attività internazionali delle nostre imprese.

In ambito promozionale, 51 milioni sono stati stanziati per il potenziamento delle azioni dell’ICE-Agenzia per l’attuazione del Piano straordinario per la promozione del “Made in Italy” e anche in questo caso, l’obiettivo è sostenere le piccole e medie imprese nei mercati esteri.

Molto interessante anche il nuovo ruolo assunto da SACE che dovrebbe finalmente poter diventare una vera e propria banca dedicata al supporto dell’export, eventualità che fino ad oggi era stata bloccata da Cassa Depositi e Prestiti, la società partecipata di cui il Ministero dell’economia e delle finanze detiene l’80,1% e che controlla il 100% di SACE che finora è stata impegnata nell’offerta di una vasta gamma di strumenti per l’assicurazione del credito, la protezione degli investimenti, l’erogazione di cauzioni, garanzie finanziarie e factoring.

Il ruolo di SACE sarà sempre più centrale e strategico dal momento che diventerà l’interfaccia nei confronti di tutto il pubblico imprenditoriale per l’offerta di prodotti e servizi legati all’export e all’internazionalizzazione, un soggetto in grado di supportare le imprese italiane a 360° come avviene in Germania con la KfW Bankengruppe, nata come banca “della ricostruzione” nel secondo dopoguerra e oggi tra i primi tre gruppi bancari della Germania che opera in alcuni campi specifici: PMI, infrastrutture, finanziamenti all’export ed allo sviluppo, project financing, settori energia e ambiente.

Nel caso tedesco, il grosso vantaggio è rappresentato dal fatto che - seppur KfW sia posseduta all’80% dallo Stato Federale – essa svolga compiti non conteggiati nel bilancio federale, non “appesantendolo”. KfW riesce dunque a raccogliere denaro sui mercati internazionali dei capitali ed eroga prestiti a tassi molto bassi e competitivi alle PMI tedesche, fornendo un supporto dirimente per lo sviluppo delle imprese che vogliono espandersi all’estero.

Guardando all’esempio tedesco, la decisione di potenziare il ruolo della SACE, sembra poter imprimere una vera e propria svolta competitiva per le nostre aziende, rilanciando il Made in Italy in giro per il mondo grazie all’ingente quantitativo di risorse che Cassa Depositi e Prestiti sarebbe in grado di mobilitare.

Il nuovo piano industriale 2016-2020 della CDP vale infatti ben 160 miliardi di euro (60 in più rispetto al quinquennio precedente) ed essendo riconosciuto “istituto nazionale di promozione”, la CDP oltre ad attrarre altri 100 miliardi sotto forma di investimento, può anche diventare il regista delle nostre politiche di sviluppo nel comparto estero, sfruttando quegli investimenti europei previsti nel piano Juncker che ancora tardano a decollare.

Alle imprese saranno messi a disposizione un totale di 117 miliardi di euro (+73% rispetto al quinquennio precedente) ai quali dovrebbero aggiungersi altri 46 miliardi che dovrebbero provenire dagli investimenti in CDP che punta a diventare il primo operatore di venture capital del Paese, capace di supportare le aziende lungo tutto il ciclo della loro vita e favorendo l’accesso al capitale per la crescita e lo sviluppo sui mercati internazionali.

Lo stanziamento complessivo a sostegno dell’internazionalizzazione e dell’export ammonta a circa 70 miliardi di euro, ma a cambiare sarà l’impostazione e il perché lo spiega lo stesso amministratore delegato e direttore generale di Cassa Depositi e Prestiti Fabio Gallia:

“Abbiamo immaginato una diversa organizzazione per l’internazionalizzazione, un unico punto di accesso il cui soggetto sarà SACE che integrerà le attività della Export bank di CDP e Simest”.

Tutte le misure approvate sembrano andare in unica e positiva direzione, facendo affluire nuove risorse su un’attività, quella del commercio internazionale, dove le nostre imprese, pur mantenendo ottime quote di mercato, hanno visto ultimamente ridursi gli scambi con il resto del mondo, accusando il peso della crisi in Russia, Sud America, e in altre “regioni calde” che si è tradotta in una contrazione dell’1,4% dell’export italiano nel 2015.

Il rovescio della medaglia è rappresentato invece dalla rinascita del nostro comparto agroalimentare che, con circa 36 miliardi di euro di esportazioni, ha stabilito nel 2015 un record assoluto con il mercato statunitense che si è confermato estremamente attratto dalle prelibatezze Made in Italy (+40% rispetto al 2014), complice il persistere di una situazione vantaggiosa che vede il dollaro forte e vicino alla parità con l’euro.

I prossimi cinque anni saranno decisivi per l’economia e per le ambizioni del nostro Paese che - secondo un recente studio condotto dal Center for Economics Business and Research - ormai in una prospettiva di breve-medio periodo, rischia di scivolare in 13esima posizione (dall’attuale ottavo posto) tra le economie mondiali, con la conseguente esclusione dal G8.

A pesare sull’Italia è in particolare la crescita stitica, che la rende l’economia “più lenta” fra i paesi avanzati e certamente in questo tipo di scenario, agganciare il treno dell’export rappresenta una risorsa in più per poter continuare il viaggio seduti al tavolo delle grandi potenze.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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