L’Ungheria rappresenta un mercato da approfondire per le potenziali opportunità che offre al “Made in Italy”, è questo il principale messaggio del seminario di formazione a sostegno dell’internazionalizzazione delle PMI del Lazio organizzato lo scorso 1 marzo da Lazio Innova ed Unioncamere.

Nel cuore dell’Europa centro-orientale, il Paese gode di una posizione altamente strategica in quanto ben collegato con tutta l’area circostante anche grazie al corridoio paneuropeo V - una delle direttrici di comunicazione fondamentali nel Vecchio Continente - che collega fra loro città come Budapest, Venezia, Kiev, Trieste, Lubiana, Maribor, Užhorod e Leopoli.

La popolazione ungherese, circa 10 milioni, è per lo più di origine magiara (oltre il 94%), mentre l’economia sta trovando una via verso la stabilità con il PIL cresciuto ad una media del 3,2% nel biennio 2014-2015 e delle previsioni di crescita - secondo la Commissione Europea - per i prossimi due anni superiori alla media UE, intorno al 2,3%.

Fare affari con Budapest ha i suoi vantaggi in particolare dal punto di vista fiscale e occupazionale.

Il regime tributario ungherese è infatti molto competitivo, con la previsione dell’IRPEF dal 2016 fissata al 15% e l’introduzione di incentivi per gli imprenditori che creano occupazione, potendo contare su un’ampia disponibilità di manodopera molto qualificata e su un livello dei salari piuttosto contenuti.

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Il Consigliere Economico dell’Ambasciata d’Ungheria, Tünde Hagymási, in un significativo intervento durante il seminario ha sottolineato come:

“L’Italia e l’Ungheria sono potenziali partner e non competitor sui mercati internazionali, anche perché molti settori dei due Paesi sono complementari fra loro e dunque incrementare la collaborazione può risultare un grande vantaggio reciproco”

Oggi l’Italia rappresenta il VI^ partner commerciale per l’Ungheria con un saldo negativo della bilancia commerciale dal momento che le importazioni (3,6 miliardi di euro annui) sono superiori alle esportazioni (3,2 miliardi) ed esistono certamente spazi per fare meglio - data la varietà e la qualità dei prodotti “Made in Italy” - da colmare.

Bisogna però segnalare che - d’altra parte - la presenza imprenditoriale italiana in Ungheria è già rilevante oggi, con 250 aziende che danno lavoro a circa 25.000 dipendenti, fra le quali si segnala ad esempio la San Benedetto presente sul territorio ungherese già dal 2002.

Sono molti infatti, in ragione della complementarietà citata dallo stesso diplomatico ungherese, i settori in cui oggi la collaborazione è già avviata e che presentano buone opportunità di ulteriore sviluppo e tra questi certamente vanno segnalati l’agroalimentare e la meccanica con particolare attenzione alla componentistica, ma anche i trasporti, la logistica, la chimica, le biotecnologie e il turismo.

L’Ungheria, in ragione delle stesse peculiarità del suo territorio carente di materie prime e di risorse energetiche, si configura anche come Paese “amico dell’innovazione”, avendo favorito il progresso della ricerca scientifica con ben 66 università su una popolazione di 10 milioni di abitanti (basta pensare che in Italia gli atenei sono 93 per oltre 60 milioni di italiani) mentre, come già accennato, anche il sistema di formazione professionale è molto efficiente e ispirandosi al modello duale tedesco, punta ad armonizzare le competenze professionali con le esigenze del mercato del lavoro.

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Il terriorio ungherese si estende su una superficie complessiva di 9,3 milioni di ettari e oltre 5,3 milioni sono da considerarsi terreno agricolo. Qui vengono coltivati i principali prodotti magiari (seminativi, frutta e verdura) e si trovano gli allevameni di bovini, suini, pollame ed ovicaprini, ma che contribuiscono “solo” per il 3-4% alla produzione di ricchezza nazionale.

Non a caso infatti all’interno del “Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020” è previsto un contributo di 645 milioni di euro con particolare attenzione a quelle che sono considerate “piccole imprese” con meno di 50 occupati, ovvero circa un quinto (19,3%) del totale delle società operanti in Ungheria. Ricordiamo infatti che il tessuto produttivo ungherese per circa i 3/4 (73%) è basato su micro imprese con un numero inferiore ai 10 addetti.

Sulle opportunità di collaborazione in campo agricolo tra Italia e Ungheria, un ultimo spunto di riflessione durante l’incontro dello scorso primo marzo, è stato quello fornito dal Consigliere agricolo presso l’Ambasciata d’Ungheria, Zoltán Kàlmàn che ha sottolineato come:

“Italia ed Ungheria hanno enormi margini di collaborazione specialmente nel settore agroalimentare dove noi ungheresi abbiamo molto da imparare dal Belpaese che è riconosciuto a livello internazionale come leader nei processi di trasformazione alimentare nei quali noi magiari siamo invece carenti”.

In conclusione e nella realtà dei fatti, ad oggi a dirla tutta, l’unico vero ostacolo ad una collaborazione più stretta ed efficace fra i due Paesi rimane l’enorme diversità di vedute fra il premier Renzi e l’omologo ungherese Orban: mentre il governo italiano chiede l’accettazione da parte dei Paesi dell’Est del meccanismo di redistribuzione dei migranti secondo il nuovo sistema europeo di quote, Orban mantiene una linea dura fondata sui principi di controllo, identificazione e rimpatrio.

Di fronte allo scontro politico in atto a livello europeo, un salto di qualità sostanziale nelle relazioni bilaterali, sarà possibile solo se la politica troverà quello che oggi appare un difficile compromesso, in mancanza del quale sarà lo stesso progetto politico europeo a rischiare il collasso.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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