Sono trascorsi oramai quasi 10 anni dallo scoppio della crisi economica che ha prima sconvolto i mercati finanziari e poi aggredito le economie nazionali provocando una fortissima crisi industriale ed occupazionale che ha causato la scomparsa di moltissime PMI. In questo contesto c’è però un comparto, quello del franchising, che seppur lentamente ha imboccato la via della crescita (2014:+0,1%; 2015:0,6%) e, per il 2016, le previsioni parlano di un incremento pari allo 0,7%.

Questa tendenza rileva che la voglia di fare impresa degli italiani non è sopita (specialmente in un mercato del lavoro ancora poco dinamico) ma che, probabilmente, oggi c’è meno voglia di rischiare e dunque si preferisce condividere investimenti e costi con un’azienda madre piuttosto che partire da zero.

Per aprire un franchising in Italia oggi occorrono, in media, dai 25 ai 50 mila euro ed i settori a maggior tasso di crescita sono: food (+9%), abbigliamento (+11%), articoli per la persona (+12%) ed articoli per la casa (+17%). Male invece servizi ai privati (-15%), commercio specializzato (-27%) e servizi alle imprese (-29%).

Ma affidarsi ad un negozio in affiliazione è veramente meno rischioso che aprire un’attività in proprio?

Sembrerebbe di sì, perché - nel periodo 2011/2014 - il tasso di mortalità dei negozi in franchising è risultato il 33% inferiore rispetto a quelli tradizionali.

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