Lo scorso 24 febbraio l’account Twitter ufficiale della Presidenza della Repubblica Italiana ha pubblicato il seguente tweet: “#Mattarella : #Cina ed #Europa devono sapersi guardare vicendevolmente per rapporti economici, commerciali e finanziari sempre più intensi”

Il messaggio è stato quindi postato nel bel mezzo della missione condotta in prima persona dal nostro Presidente della Repubblica recatosi in visita di Stato in Cina per ben cinque giorni (21-26 febbraio) durante i quali la delegazione italiana – composta anche dal Ministro degli Esteri Angelino Alfano, dal Ministro dei Trasporti Graziano Delrio e dal sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto – si è spostata tra Pechino, Shangai, Chongqing e Xian allo scopo di rinsaldare le relazioni intergovernative tra i due Paesi e firmare importanti accordi bilaterali economici e culturali.

Tra gli incontri istituzionali di maggior rilievo che hanno coinvolto Mattarella vale sicuramente la pena citare quelli con il Presidente della Repubblica Cinese Xi Jinping ed il Primo Ministro Li Keqiang.

Dal punto di vista economico, invece, gli appuntamenti più importanti sono stati quelli guidati dal Ministro Graziano Delrio che, tra il 23 ed il 24 febbraio, ha incontrato il Ministro dei Trasporti cinese, il Vice-Presidente della National Development and Reform Commission, il Vice-Ministro responsabile dell’Ente per l’Aviazione Civile e l’Amministratore Delegato della ICBC, la più grande Banca Cinese.

Tra i punti all’ordine del giorno il più importante è stato quello relativo ad importanti progetti di cooperazione in ambito infrastrutturale, tra cui:

- l’intensificazione dei collegamenti aerei;

- la concessione di nuovi punti di interesse per le compagnie aeree e gli aeroporti;

- la proposta di rendere i porti di Trieste e Venezia i terminali della nuova via della seta tra la Cina e l’Europa;

- il sostegno alle relazioni commerciali ed ai flussi turistici che vedono i cinesi tra i maggiori visitatori del nostro Paese.

L’obiettivo della visita d’affari, tuttavia, è stato anche quello di attrarre ulteriori investimenti cinesi in Italia (soprattutto nell’ambito del nuovo sistema portuale).

Nel 2015, infatti, i cinesi hanno investito nel nostro Paese 20 miliardi di euro (+36% rispetto all’anno precedente): in particolare a far scalpore fu l’acquisizione della Pirelli anche se Pechino detiene importanti quote azionarie di imprese strategiche italiane tra cui Banca Intesa, Ansaldo Energie, ENI, Telecom, Terna e Snam.

Del resto è già dal 2014 che i rapporti tra Italia e Cina hanno visto una progressiva intensificazione: quell’anno, infatti l’allora Premier Matteo Renzi ed il Primo Ministro cinese Li Keqiang decisero di adottare un piano d’azione triennale in cinque importanti settori industriali ovvero tecnologie verdi, agroalimentare, urbanizzazione sostenibile, servizi sanitari ed aerospaziali.

L’intesa fu, poi, rilanciata nel settembre del 2016, quando in occasione del G-20 tenutosi ad Hangzhou, lo stesso Renzi tenne degli incontri preliminari con gli studenti dell’Ateneo di Tongji (gemellato con diverse Università italiane) e con una delegazione di imprenditori italiani già attivi in Cina.

Il volume dell’interscambio tra Cina e Italia nel 2015 è aumentato dell’8.5%, salendo a quota 38.6 miliardi di euro: le esportazioni italiane verso la Cina sono state pari a 10.4 miliardi di euro (-0.7%), mentre quelle cinesi verso l’Italia si sono attestate a 28.2 miliardi di euro (+12.3%).

I dati aggregati per il 2016 non sono ancora disponibili, ma sembra che il trend non sia cambiato molto.

L’Italia infatti continua a vendere sul mercato cinese, soprattutto, prodotti di qualità come macchine, prodotti di alta tecnologia, farmaci, abbigliamento e accessori, agroalimentari, autoveicoli e cuoio lavorato.

I due Paesi, inoltre, hanno istituito un Business Forum, una piattaforma congiunta in cui i rappresentanti delle due comunità d’affari possono scambiarsi informazioni e conoscenze, facilitare gli investimenti reciproci e l’attivazione di partnership strategiche.

Per quanto riguarda quest’ultime un tema di importanza fondamentale per le nostre imprese (e più in generale per tutte le aziende straniere) è quello relativo alla violazione della proprietà intellettuale: aziende come Zegna e Moncler hanno vinto le rispettive azioni legali promosse nelle corti cinesi specializzate.

Anche per un’altra azienda italiana di medie dimensioni ma molto ben posizionata – Furla – l’aria sta cambiando: le sue borsette al silicone sono particolarmente apprezzate e amate in Cina e per questo soggette a frequenti imitazioni.

L’azienda bolognese, tuttavia, ha ottenuto la collaborazione massiccia della polizia del Guangdong dove sono state recentemente sequestrate circa 18mila borse false, 15 macchine da cucire e vari stampi per la produzione dei falsi, per un valore totale di circa un milione di euro.

In effetti il dialogo tra i due Paesi deve servire anche a questo: la tutela delle eccellenze Made in Italy.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesco Bromo, redazione@exportiamo.it

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