Sempre più aziende italiane attraversano l’Atlantico per fare impresa. Puntare sui mercati in crescita dell’America Latina conviene, ma solo se si conoscono bene i contesti in cui si va a investire. In un’economia sempre più globalizzata pensare di fare affari all’estero per gli imprenditori italiani non é solo un’aspirazione legittima ma un traguardo concreto da poter raggiungere. A prescindere dall’area geografica su cui si intende puntare, l’importante é pianificare nei minimi dettagli i propri investimenti e lavorare per tempo sulla prevenzione dei possibili rischi, come spiega nell’intervista che segue, Alessio Gambino, general manager di IBS Italia.

Tra le nuove frontiere dei mercati internazionali sta emergendo sempre di più l’America Latina. Quali sono le opportunità offerte da questa regione?                                                                              

Quello dell’America Latina é un mercato vastissimo con quasi 600 milioni di consumatori, per molti versi vicino al nostro per cultura, lingue e tradizioni, come dimostra d’altronde l’altissima presenza di abitanti di origine italiana. L’intera area attraversa una fase di sviluppo da oltre un decennio: nel 2013 il tasso di crescita del PIL si é attestato attorno al 3,9%, mentre nel 2014 si stima un aumento del 4%. Tra molti Paesi dell’area, e tra questi e l’Unione Europea, sono in vigore accordi e partenariati volti a ridurre le barriere tariffarie e non. Basti pensare per esempio al MERCOSUR, ossia il più grande mercato comune dell’America Latina di cui fanno parte il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay e il Venezuela. Oppure all’Accordo di Associazione tra l’Unione Europea e i Paesi dell’America Centrale (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama)

Perché IBS ha deciso di puntare su quest’area?                                                                                          

Nel gennaio del 2013 abbiamo creduto che i processi d’internazionalizzazione dei nostri clienti dovessero essere seguiti da vicino, motivo per cui abbiamo deciso di aprire un ufficio a Rio de Janeiro e uno di rappresentanza a San Paolo. Per il futuro ci interessa moltissimo la Colombia, un Paese che ha saputo rinnovarsi con successo negli ultimi anni. Ma non tralasciamo Cile e Perù, con un occhio sempre rivolto a ciò che accade in Venezuela e Argentina

Quali sono gli ostacoli che possono creare difficoltà agli investitori italiani?                                          

Le difficoltà per gli imprenditori italiani sono diverse e non tutti riescono a “tropicalizzarsi” in tempi brevi e con successo. La corruzione, la criminalità, l’istruzione e il caro vita di molte città (come San Paolo ad esempio) complicano non poco la vita a coloro che decidono di vivere oltre che lavorare in quest’area. Il nostro obiettivo é accompagnarli nelle fasi di approccio ai mercati sudamericani e in particolare a quello brasiliano, aiutandoli operativamente dal punto di vista amministrativo, finanziario, contrattuale, commerciale, contabile e fiscale

Quali sono gli “errori” in cui s’inciampa più di frequente?                                                                    

Molto spesso si sbagliano le strategie d’ingresso, a volte si cercano risultati in tempi rapidi o non si hanno le spalle sufficientemente larghe per supportare il carico finanziario e organizzativo che un processo di internazionalizzazione comporta.  A volte é un mix di tutto ciò a determinare il fallimento di un’operazione. Ma l’aspetto che non bisogna tralasciare é soprattutto quello culturale: siamo noi i “gringos” che devono adattarsi al contesto locale, non possiamo pensare di imporre cambiamenti e modi di lavorare da neo-colonialisti

Quali sono le altre frontiere dei mercati internazionali più interessanti in questo momento?        

In generale, il mondo negli ultimi anni é diventato “Asiacentrico”. Purtroppo, però, molti Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico, ndr), tra cui Thailandia, Indonesia, Malesia, Filippine e Singapore, sono proprio quelli in cui le nostre imprese sono peggio posizionate. Un ritardo culturale, oltre che di posizionamento logistico, che dovrà necessariamente essere colmato in tempi brevi. I settori su cui puntare sono quelli delle infrastrutture, dei servizi avanzati ad alto valore, delle produzioni di massa e dell’export del Made in Italy. Non dimentichiamo però anche i Paesi del Golfo e il Qatar, in cui noi siamo presenti. Come anche Singapore, dove abbiamo avviato un progetto di rete d’impresa per aprire dei nuovi uffici. E poi c’é l’Africa: Angola e Ghana in questo momento sono sicuramente i Paesi più interessanti.

 Articolo estratto da Lookout Magazine N.5, Maggio 2014.

 

 

 

 

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