Un'Italia da export: intervista con Spumadoro

Un'Italia da export: intervista con Spumadoro

01 Febbraio 2017 Categoria: Un'Italia da Export

L’Italia è un Paese meraviglioso ma le storie di maggiore successo sono quelle che hanno avviato un processo di internazionalizzazione. Nella nostra rubrica “Un’Italia da export” abbiamo il piacere di ospitare i contributi delle eccellenze imprenditoriali targate Made in Italy che con competenza e coraggio si affacciano sui mercati internazionali. Fra queste c’è la storica azienda dolciaria Fraccaro Spumadoro (già presente in ben 32 Paesi) che come ha sottolineato Luca Fraccaro, Sales e Marketing Director della società, ha “sempre portato avanti i valori e gli insegnamenti dei nostri nonni”.

Ci racconti brevemente la storia della sua azienda…

La nostra storia inizia nel 1932, quando i nonni paterni aprono il primo panificio sotto la torre medioevale a Castelfranco Veneto. Già si sfornava del buon pane, utilizzando – cosa allora normale – il lievito madre, probabilmente passato loro da qualche altro panificio. Nel dopoguerra, si iniziarono a produrre anche dei dolci lievitati a cui seguirono panettone e pandoro. Con il boom economico la produzione di dolci ebbe la meglio rispetto al pane e nel 1970 mio padre e i miei due zii inaugurarono l’attuale sede, nel tempo ampliata e rimodernata.

Quali sono gli elementi e le condizioni che hanno decretato il successo della sua azienda sul mercato attuale?

Abbiamo sempre portato avanti i valori e gli insegnamenti dei nostri nonni, anche la quarta generazione appena entrata non ha avuto problemi a condividerne i contenuti, l’attenzione al prodotto, la coerenza e il nostro lievito madre, mai perso in tutti questi anni, che mantiene le stesse caratteristiche di allora. Anche la credibilità ha il suo valore, il consumatore moderno lo puoi fregare un paio di volte, ma poi ti saluta, se non mantieni quello che prometti.

In questi anni di crisi, quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità per la sua azienda?

In effetti il calo dei consumi, e la problematica legata ai pagamenti del mercato italiano, ci ha fatto riflettere. Abbiamo iniziato un percorso di investimenti nella partecipazione a manifestazioni ed eventi all’estero, per due motivi: la prospettiva di trovare nuovi clienti e la consapevolezza che l’estero era maturo per accettare prodotti, legati al Made in Italy, d’eccellenza. In realtà abbiamo fatto poca fatica: per noi hanno parlato i nostri prodotti ed abbiamo ricevuto riscontri estremamente favorevoli.

Quale metodologia di ingresso ha adottato per fare business all’estero ed in quali mercati siete oggi presenti?

La presenza a fiere ed eventi, oltre alla ricerca di qualche agente che sposasse la nostra politica. Ma soprattutto, come dicevo, fare degustazioni, inviare campionature che, sebbene sia molto oneroso, ha comunque portato e sta portando risultati positivi.

In quali mercati siete presenti?

Oggi siamo presenti in 32 Paesi: praticamente in tutti quelli a livello europeo più Usa, Canada, Brasile, Australia, Singapore, Thailandia, Cina e Sud Africa.

Nel vostro percorso di espansione all’estero siete stati supportati da strutture pubbliche e/o da società di consulenza private?

Ci siamo avvalsi di alcuni agenti in certe situazioni, mentre in altri casi abbiamo optato per la partecipazione a fiere tramite Ice o con le Camere di Commercio italiane all’estero e anche in questo caso abbiamo ottenuto risultati assai interessanti!

Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero e, più in generale, quali sono state le principali difficoltà riscontrate?

Diciamo che fortunatamente, commercializzando prodotti a temperatura ambiente ed a media lunga durata, non abbiamo particolari problemi. Solo alcuni Paesi ci richiedono delle specifiche sui prodotti o certificati, ma niente di impossibile. Altre volte sono le politiche di stampo protezionistico a rendere la vita difficile a qualche nostro importatore. Sottolineo comunque che noi vendiamo sempre ex works, quindi è il cliente poi che organizza il ritiro.

Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?

Non abbiamo ancora strutturato una strategia di penetrazione commerciale in alcuni mercati importanti come per esempio Giappone e Russia che finora abbiamo esplorato solo attraverso qualche cliente saltuario.

Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nello stesso contesto estero?

Il consiglio è crederci! Certo bisogna investire, perché esserci o no fa la differenza. Mi riferisco alla presenza a fiere, eventi e manifestazioni in cui c’è la possibilità di venire in contatto con operatori esteri. Dobbiamo sfruttare questo momento perché, mai come ora, il Made in Italy costituisce un importante valore aggiunto: lo spazio c’è per tutti nel mondo, basta trovarlo!

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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