Native Global Startup: Why? Perché e Quando le Startups Dovrebbero Internazionalizzare

Native Global Startup: Why? Perché e Quando le Startups Dovrebbero Internazionalizzare

25 Luglio 2023 Categoria: Tecnologia & Innovazione

Una startup di successo è quella che fin da subito è in grado di pensare in una prospettiva globale e guardare ai mercati esteri come naturale campo di estensione delle proprie attività.

Ben 30 anni fa, nel 1993 McKinsey & Co. divulgarono il concetto di Born Global per le imprese che erano già predisposte naturalmente ai mercati globali, pur se di giovane età. Oggi si parla di Startups “Native Globali” per quelle startup nate già con una international vision, consapevoli del fatto che oggi la competizione si è spostata su un piano globale, non più locale. Parliamo di realtà associate a settori ad alto livello tecnologico o ad alto valore aggiunto, come quello delle tecnologie, dei servizi o del design, sorte spesso da spin-off universitari o di aziende consolidate (Oviatt e McDougall, 2005).

Interagire con i mercati esteri è un passaggio importante per le startups che necessitano di conoscere le opportunità e i partner che possono affiancarli nello sviluppo commerciale in altri Paesi. Svilupparsi all’interno di un singolo territorio può non essere sufficiente per alcuni business, soprattutto high-tech o digitali (Eurofound, 2012), in quanto rappresenta un mercato relativamente piccolo, e tali dimensioni ridotte non consentono di raggiungere facilmente la massa critica di clienti che risulta necessaria per sviluppare appieno il processo di crescita e sviluppo della startup. Internazionalizzare significa, quindi, accedere a mercati più ampi dove vendere i propri prodotti, a network che offrono maggiori prospettive di crescita e aumentare la propria visibilità rispetto a clienti e partner. I mercati esteri possono potenzialmente offrire anche maggiori opportunità di raccogliere investimenti da parte di finanziatori stranieri.

Opportunità da tenere in considerazione visto che 1 startup su 5 fallisce nel primo anno di vita, il 50% non arriva alla fine del 5° anno e solo il 40% delle startup riesce a diventare profittevole (Source: Failory). Il numero più alto (42%) di startup fallisce perché interpreta male l’attuale domanda di mercato. Il 29% delle startup fallisce semplicemente perché perde i finanziamenti. Alcuni altri notevoli motivi di chiusura sono la scarsa organizzazione del team (23%), l’essere esclusi dalla concorrenza (19%) e i problemi di costo (18%).

Questi numeri mostrano che non tutte le startup falliscono a causa del denaro. Ci sono molti fattori coinvolti nella riuscita di un’impresa, come questioni legali, logistiche, problemi organizzativi e altro ancora.

Guardando oltre una valutazione semplicistica del successo basata solo sui profitti, Oviatt e MacDougall (1995) identificano sette caratteristiche delle Global Startup di successo:

  1. Esiste fin dall’inizio una visione globale facilmente comunicabile agli altri in azienda. Prima che un’azienda possa essere globale, deve pensare globale.
  2. I manager hanno precedenti esperienze con l’estero. È necessaria la comprensione dei metodi di pagamento internazionali (come le lettere di credito), dei rischi di cambio e delle difficoltà comunicative e culturali.
  3. Avere forti reti commerciali internazionali. La rete identifica le opportunità, fornisce consulenza e assiste nelle trattative.
  4. Viene sfruttata la tecnologia preventiva (market analysis). Le Born Global superano gli svantaggi delle economie di scala disponendo di un prodotto o servizio di valore distintivo.
  5. È presente un bene immateriale unico. È importante sostenere l’unicità del prodotto o del servizio, di solito attraverso conoscenze o know-how speciali.
  6. Le estensioni di prodotti o servizi sono strettamente collegate. L’innovazione continua consente alla piccola impresa di continuare a sfruttare la propria nicchia di mercato.
  7. L’organizzazione è strettamente coordinata a livello mondiale. Un forte team di top manager assicura che le attività di ricerca e sviluppo, la produzione, il marketing, la distribuzione e le vendite siano coordinati indipendentemente dalla distanza delle loro sedi fisiche.

Delle 12 società studiate da Oviatt & McDougall (1995), nove erano ancora in attività o erano state acquisite due anni dopo lo studio. Le caratteristiche più importanti associate al successo sono state la visione globale, l’esperienza internazionale e una rete forte. La tecnologia mal funzionante e la mancanza di un bene intangibile unico sono state citate come causa del fallimento delle tre aziende non più esistenti.

In uno studio intitolato “The Born Global concept”, Erik S. Rasmussen e Tage Koed Madsen (University of Southern Denmark) definiscono il “Born Global” come un ombrello: una metafora sotto la quale global startups, high-tech international firms ecc. possono essere studiate e sviluppate in modo da consentire maggiori opportunità di riuscita a startup, tipo quelle digitali, che si trovano a dover affrontare repentini mutamenti delle condizioni del mercato grazie, appunto, al costante processo innovativo d’avanzamento tecnologico come non avviene in nessun altro settore. L’approccio global orientated è una delle ragioni di maggior riuscita e crescita delle startup ed è generalmente adottato in paesi come USA, India, UK, Canada ecc. Questa, insieme alla necessità di ridurre le distanze con gli USA, è una delle ragioni per cui L’Unione europea sta mettendo in atto una serie di azioni volte a promuovere attività di internazionalizzazione nei paesi dell’unione, attraverso programmi di sviluppo delle risorse umane (finanziando università ed incubatori), sostegno finanziario indiretto e promozione delle reti.

Concludendo, la crescita dell’intero ecosistema di startup nazionale passa imprescindibilmente anche attraverso percorsi di internazionalizzazione, supportati da interventi di policy di sistema. Ragione per cui incubatori e acceleratori propongono processi di internazionalizzazione, attraverso partnership con importanti iniziative e organizzazioni pubbliche e private (agenzie, associazioni, camere di commercio estere ecc.); la crescita e la valorizzazione dei diversi soggetti operanti nel progetto (supportando la partecipazione ad Academy e programmi d’incubazione internazionale); coaching e affiancamento ad export manager per eventi, fiere e manifestazioni estere; percorsi formativi digitali o fisici; press engagement & media relation per supportare le attività di marketing  internazionale e in ultimo, ma non ultimo, matchmaking con investitori qualificati esteri per la raccolta di capitali: un mix completo per lo sviluppo di un business efficace, vincente e duraturo.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Dott.ssa M.M. Ascione, redazione@exportiamo.it

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