Innovazione: Perché l’Italia è Indietro e Cosa Può Fare per Recuperare

Innovazione: Perché l’Italia è Indietro e Cosa Può Fare per Recuperare

03 Novembre 2023 Categoria: Tecnologia & Innovazione

L’Italia ha bisogno di accelerare l’innovazione per affrontare le sfide digitali ed ecologiche, ma il sistema produttivo è in ritardo rispetto all’Europa, con investimenti insufficienti e difficoltà nel trasferimento tecnologico. Una maggiore collaborazione tra ricerca, industria e società civile potrebbe migliorare la situazione.

Sebbene l’innovazione rivesta una funzione chiave nella transizione digitale ed ecologica, in Italia vi sono ancora molte sfide irrisolte. L’intensità tecnologica del nostro sistema produttivo mostra una performance inferiore rispetto alla media europea, con una percentuale di investimenti in ricerca e sviluppo che si attesta allo 0,9% del PIL, contro una media europea dell’1,4% (dati relativi al 2021).

Eppure, investire nell’innovazione è uno dei pochi modi che ad oggi, vista la situazione attuale, le aziende italiane hanno a disposizione per crescere. Basta guardare ai dati: il Rapporto annuale ISTAT evidenzia un aumento significativo della produttività del lavoro per le aziende innovative, con un incremento del 37% rispetto a quelle non orientate all’innovazione. Tale differenza si amplifica ulteriormente per le imprese impegnate in attività di ricerca e sviluppo, raggiungendo il +44,7%, e tocca l’apice per le grandi aziende attive in R&S, con il +46,7%. Tra le aziende innovative, quelle che investono in R&S registrano un aumento del 5,6% nella produttività rispetto a quelle che trascurano tali attività.

Partendo da questi dati, l’ultimo numero della rivista scientifica di ENEAEnergia Ambiente e Innovazione, dedicat a “Innovatori e Innovazione”, dedica una riflessione all’ulteriore stimolo necessario affinché l’Italia manifesti una maggiore inclinazione verso l’investimento nella ricerca e sviluppo.

Lo stato attuale dell’innovazione in Italia

L’analisi condotta da ENEA mette in luce che una delle maggiori criticità sul fronte dell’innovazione di cui soffre l’Italia è l’investment gap. Secondo i dati di EY, l’investimento Venture Capital in Italia si è fermato a soli 35 euro pro capite nel 2022, mentre la Francia e la Germania vantano rispettivamente cifre di 149 e 153 euro pro capite rispettivamente, dimostrando un ritardo di 5-7 anni rispetto alle altre principali economie europee.

L’industria italiana dimostra una limitata capacità di innovazione, specialmente nel contesto della transizione energetica ed ecologica, mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi ambientali e aumentando la dipendenza delle importazioni dall’estero, con conseguenze negative sul deficit estero e sullo sviluppo del Paese.

Quali sono le cause di questo ritardo?

La Presidente del CNR, Maria Chiara Carrozza, suggerisce che l’ecosistema italiano non riesce a tradurre adeguatamente competenze e ricerche in innovazione e nuovi prodotti e mercati.

Un approfondimento sul fenomeno è fornito da Alessandro Coppola, Direttore Innovazione e Sviluppo di ENEA. Coppola spiega che l’innovazione richiede un percorso che va dalla ricerca di base all’applicazione di nuovi prodotti e servizi, composto da 9 livelli di preparazione tecnologica (Technology Readiness Level), concepiti negli anni ‘70 dalla NASA. Secondo ENEA, il punto critico per l’ecosistema italiano risiede nella fase di trasferimento tecnologico e nel finanziamento associato.

Questo perché il 95% delle aziende italiane sono PMI, con un management spesso a struttura familiare e cristallizzato nel proprio business model all’interno di una filiera, quindi con scarsissima propensione a lanciarsi in investimenti: senza agevolazioni pubbliche, difficilmente le aziende si avventurano su iniziative di innovazione.

Questa problematica, tuttavia, non è legata solamente alla disponibilità di fondi. Coppola sottolinea infatti che creare nuovi finanziamenti pubblici, anche con consistenti risorse, non è sufficiente se non si affronta il motivo per cui iniziative simili in passato hanno avuto successo limitato nell’attrarre finanziamenti privati.

Quali soluzioni si possono adottare?

Secondo Coppola, non è sufficiente istituire un semplice “ufficio di trasferimento tecnologico,” ma è necessario arricchirlo con competenze intermedie, in grado di collegare la trasversalità della ricerca con la verticalità dell’industria.

In un Paese industrializzato e sempre più orientato verso il terziario, il fattore cruciale sarà la qualità, cioè il valore aggiunto derivante dalle competenze, dalla formazione e dalla capacità di collaborare sia a livello scolastico che nel contesto sociale e lavorativo. La formazione e l’istruzione rappresentano quindi un investimento vitale e strategico per il successo nell’innovazione e per la promozione delle esportazioni nazionali.

Oltre che sulla formazione, è necessario investire anche sull’individuazione delle priorità di ricerca. Enea suggerisce che la ricerca deve promuovere e supportare lo sviluppo dell’intera filiera tecnologica, individuando priorità di ricerca per il breve, medio e lungo termine, in funzione per esempio della maturità di specifiche tecnologie, prontezza al cambiamento di specifici settori rispetto ad altri.

Gli obiettivi dell’innovazione dovrebbero riguardare la riduzione dei costi di investimento, la gestione delle tecnologie, l’affidabilità, l’efficienza, la durata e la sicurezza. Inoltre, è cruciale concentrarsi sulla ricerca e lo sviluppo dei materiali.

L’Italia ha il potenziale per promuovere l’innovazione e accelerare l’adozione sul mercato di nuove tecnologie. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale colmare le lacune tra il mondo della ricerca e quello dell’industria, promuovendo sinergie tra istituti di ricerca, imprese e società civile.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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