Nell’ambito delle vendite internazionali, l’operatore nazionale si trova di fronte alla scelta del soggetto con cui si troverà ad affrontare il mercato di riferimento.

Uno delle forme preferite per operare all’estero é rappresentata dalla figura del distributore.

Ricordiamo brevemente che il distributore é il soggetto che, in forza di un contratto con un produttore/concedente (o “tradens”), si impegna ad acquistare ed a rivendere determinati prodotti in una zona determinata, prestando altresì, un’assistenza post-vendita ai clienti.

Gli elementi che sostanziano tale rapporto contrattuale sono quindi:

- la stabilità;

- la vendita eseguita in nome e per conto del distributore con benefici e rischi a proprio esclusivo carico;

- la libertà organizzativa e promozionale di quest’ultimo.

La scelta di un distributore estero che agisce nell’interesse dell’impresa residente pone però alcune problematiche di natura fiscale.

Ed infatti, al verificarsi di determinate condizioni, il distributore dei prodotti del “tradens” su un determinato territorio potrebbe costituire una “stabile organizzazione personale” (o agente dipendente) nello Stato di commercializzazione.

E’ noto che la stabile organizzazione o “branch” é una sede fissa di affari per mezzo della quale un’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività nel territorio di uno Stato (art. 5 del Modello OCSE e l’art. 162 del “nostro” TUIR).

Tale entità non costituisce un autonomo soggetto passivo d’imposta e il reddito prodotto concorre alla determinazione del reddito della propria casa madre.

Il concetto di “stabile organizzazione personale” é contenuto nel Modello OCSE, il quale, con alcune varianti, é replicato in tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. 

Ai sensi del citato art. 5, par. 5, del Modello OCSE: 

Se una persona, diversa da un agente che goda di uno status indipendente, agisce per conto di un’impresa ed abitualmente esercita in uno Stato contraente il potere di concludere contratti a nome dell’impresa, si può considerare che tale impresa abbia una stabile organizzazione in detto Stato”.

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Dalla configurazione data dal Modello OCSE si evincono le caratteristiche per definire una “stabile organizzazione personale” (persona fisica o giuridica), ovvero quando:

- l’agente estero non goda di uno status indipendente;

- l’agente estero opera per conto dell’impresa nazionale;

- l’agente dispone di poteri che gli permettono di concludere, nello Stato estero, contratti in nome dell’impresa e di cui ne faccia abitualmente uso. 

Al successivo paragrafo 6, si legge inoltre come:  

Non si considera che un’impresa abbia una stabile organizzazione in uno Stato contraente per il solo fatto che essa esercita in detto Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale o di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione che dette persone agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività”.

Al contrario, il Commentario al Modello afferma che una persona non costituisce stabile organizzazione dell’impresa per conto della quale agisce solo se:

- é indipendente dall’impresa sia giuridicamente che economicamente (c.d. “agente indipendente”);

- agisce nell’ambito della propria ordinaria attività.

L’indipendenza deve essere vista nella duplice veste “giuridica” ed “economica”.

Sono elementi indicatori di dipendenza giuridica la circostanza che il rischio dell’affare ricade esclusivamente sull’impresa estera e non sull’agente, oppure quando l’agente subisca limitazioni nello svolgimento della propria attività o sia soggetto ad un controllo riguardo al modo in cui svolge tale attività.

Ai fini della dipendenza economica un elemento molto importante é il ventaglio dei preponenti che l’agente rappresenta. Se l’agente svolge la propria attività interamente o quasi a favore di un unico preponente, questo potrebbe costituire un indizio di dipendenza economica.

Comunque, al di là degli elementi indicatori del grado di indipendenza, é necessario che il distributore agisca nell’ambito della sua attività ordinaria di impresa su un dato territorio.

Per tale motivo sembra necessario escludere clausole contrattuali che limitino l’indipendenza del distributore in favore del “tradens” o che gli attribuiscano poteri negoziali consistenti e vincolanti rispetto alla mera commercializzazione dei prodotti di quest’ultimo.

Un punto importante e significativo riguarda inoltre la previsione a chiare lettere dell’autonomia economica ed imprenditoriale del distributore, propedeutica alla propria posizione di indipendenza e non esclusività. 

E’ senz’altro preferibile dunque, per non incorrere in problematiche, attribuire un compenso predeterminato contrattualmente ed assolutamente non variabile (es. a provvigione sul fatturato).

Fonte: a cura di Exportiamo, di Claudio Rubino, Dottore Commercialista e Tax Manager, redazione@exportiamo.it

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