L’Employment Outlook 2015 OCSE pubblicato di recente rileva le tendenze in atto all’interno del mercato del lavoro europeo e le conseguenti prospettive di breve termine in termini occupazionali.

Lo studio rappresenta quindi uno strumento di valutazione utile, soprattutto per provare a intuire quali saranno le opportunità e i rischi nel futuro prossimo, per tutti i cittadini e lavoratori.

La situazione del mercato del lavoro sta lentamente migliorando in molti dei paesi dell’area euro ma la ripresa in seguito alla lunga e dolorosa crisi economica é ancora molto debole perché troppi posti di lavoro sono andati persi in questi anni.

A soffrire pesantemente sono stati soprattutto Paesi dell’Europa meridionale, l’Europa mediterranea, che hanno messo in luce i propri limiti strutturali nel fronteggiare le nuove e severe sfide imposte dalla crisi economica.

Tra il 2008 e la metà del 2014 secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, in Italia ad esempio, sono stati persi ben 1,2 milioni di posti di lavoro, ma se può consolare in Spagna sono andati in fumo 3,4 milioni di posti di lavoro mentre in Grecia - con una popolazione sensibilmente ridotta (11 milioni contro i 46 della Spagna e i 60 dell’Italia) - sono un milione i posti di lavoro persi.

Il rovescio della medaglia é il fatto che in Germania - durante lo stesso periodo - i posti di lavoro siano aumentati di 1,8 milioni, mentre nel Regno Unito della metà ovvero di 900 mila unità.

Senza dubbio le caratteristiche strutturali del mercato del lavoro di Berlino e Londra sono completamente diverse da quelle dei paesi del sud Europa in quanto presentano mercati più aperti e meno segmentati, sono previsti maggiori investimenti nella formazione permanente e esistono prestazioni di disoccupazione di tipo universalistico tendenti a dare un minimo di sussistenza a ognuno (e di conseguenza potere di acquisto e di consumo).

Cerchiamo ora di analizzare brevemente la situazione italiana confrontandola con quella spagnola, greca e portoghese.

Gli esperti scrivono che in Italia “la ripresa resterà timida per un certo periodo”, il PIL del Paese crescerà solo dello 0,6% nel 2015 e dell’1,5% del 2016, “in entrambi i casi al di sotto della crescita prevista per l’Eurozona e per l’intera area euro”.

Sebbene i disoccupati siano in calo (-12,4%) rispetto al picco del 13% toccato nel novembre 2014 il tasso rimane comunque “1,3 punti percentuali al di sopra di quello dell’Eurozona”.

Ma a preoccupare gli analisti é soprattutto la disoccupazione, in particolare quella giovanile che lo scorso anno ha raggiunto un tasso del 42,7%, letteralmente definito “inquietante” dall’Ocse e più che raddoppiato dal 2007.

Solo Spagna (51,8%) e Grecia (50,1%) registrano tassi superiori a quelli del nostro paese. Allarmante anche il costante aumento dei “Neet”, i giovani che non sono impegnati in un percorso di istruzione o formazione, non hanno un impiego né lo cercano. Più del 25% degli under 29 in Italia oggi si trovano in questa condizione. A preoccupare sono infine anche le prospettive lavorative di molti giovani usciti da poco dal sistema scolastico in quanto l’OCSE non usa mezzi termini sostenendo che per molti ragazzi e ragazze esse potrebbero essere “compromesse in modo permanente”.

Nonostante la gravità della situazione comunque l’Italia continua a “risparmiare” sulle politiche attive del lavoro investendo solo lo 0,41% del PIL stabilmente al di sotto della media Ocse (0,53%).

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Impressionante infine che nel 2014 il tasso di disoccupazione si sia attestato al 12,7%, più del doppio rispetto ai livelli pre-crisi (nel 2007 era fermo al 6,1%) e dovrebbe scendere appena al di sotto del 12% solo alla fine del 2016.

La Spagna, pur partendo da una situazione sicuramente più grave rispetto a quella italiana, é il paese che secondo l’Ocse, nel 2014 ha vissuto un vero e proprio “anno di svolta”. Il tasso di occupazione é infatti cresciuto di ben 2% (contro lo 0,6% dell’Italia) e il tasso di disoccupazione é previsto in costante decrescita sebbene rimarrà “sopra il 20% fino alla fine del 2016. Le contestate riforme fatte dal governo conservatore guidato da Mariano Rajoy stanno dunque avendo degli effetti benefici?

Non c’é dubbio che il mercato del lavoro sia stato reso più flessibile e le stime di crescita del PIL siano discrete (appena superiori al 2% per il biennio 2015-2016) ma molti dati dell’economia spagnola rimangono molto negativi. La disoccupazione rimane comunque elevata ed assai consistente anche quella di lungo periodo, il mercato del lavoro é ancora estremamente frammentato, una grande percentuale di lavoratori sono precari con contratto temporaneo o part-time mentre per i più  giovani alla ricerca di un primo impiego non si vede ancora nessuna luce in fondo al tunnel.

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Se i dati di Madrid sono un po’ contrastanti quelli provenienti da Lisbona appaiono leggermente più coerenti e “dal 2013 si é registrato un rapido declino del tasso di disoccupazione e un aumento del numero di occupati che dura ormai da sette trimestri consecutivi”. Il PIL é previsto in rialzo sia per il 2015 (+1,6%) che per il 2016 (+2%). Da sottolineare, in ogni caso, che il tasso di disoccupazione generale (13,6% alla fine del 2014) e quello giovanile (33,4%) rimangono ancora ben al di sopra della media UE. Dunque secondo l’OCSE “nonostante i progressi fatti” é necessario investire di più “finanziando programmi e politiche attive sul mercato del lavoro che accrescano le competenze e l’occupabilità dei cittadini portoghesi” facendo comunque molta attenzione a non alzare troppo il salario minimo (oggi a 505 euro e piuttosto elevato rispetto al salario medio di circa 700 euro) poiché questa politica “potrebbe portare a numerosi licenziamenti”.

La situazione greca sembra invece compromessa, tutti gli indicatori sono negativi e la recente crisi che ha agitato lo spauracchio del Grexit sembra aver minato anche quei timidi segnali di ripresa che si erano palesati.

Per incidere sono necessarie riforme radicali ma probabilmente quelle severe imposte dall’Europa a guida tedesca in cambio di ulteriori prestiti finiranno per essere un obolo che allunga la pena del mendicante non risolvendo alcunché . Oggi il tasso di occupazione greco é al 50% (il più basso dell’area UE), la disoccupazione al 25,6% (di cui oltre il 33% é disoccupazione di lungo periodo), quella giovanile quasi al 50% ed i “Neet” fra i 15 ed i 29 anni sono oltre il 27%. Una situazione dalla quale sembra molto complicato trovare una via d’uscita.

Dunque i principali paesi del sud Europa sembrano, seppur con le dovute differenze, destinati a vivere un futuro ancora difficile e pieno di incertezze. Solo una onesta, competente e lungimirante classe politica potrebbe almeno provare a cambiare le cose magari unendo le forze e facendo fronte comune per accantonare le politiche di austerità e di rigore di ispirazione tedesca che hanno dominato la politica economica europea ed inibito le opportunità di ripresa per molti paesi. Purtroppo però questa eventualità non sembra essere così verosimile.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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