Il Fondo Monetario Internazionale (IMF) ha innalzato le previsioni di crescita economica nel 2016 per la regione mediorientale e del Golfo grazie alla ripresa dei prezzi del petrolio ed alle riforme avviate dai singoli Stati che stanno influendo sulla capacità di attrazione regionale degli investimenti esteri minata però dal problema della sicurezza rappresentato dal terrorismo e dai conflitti geopolitici.
La regione mediorientale e del Golfo, insieme a Nord Africa, Afghanistan e Pakistan, vedrà una crescita economica del 3,4 per cento nel 2016, dato superiore al 2015 il quale ha avuto una crescita del 3,1 per cento. Il 2017, invece, dovrebbe registrare con una crescita del 3,3 per cento rispetto alla stima del 3,5 per cento pubblicata dall’IMF lo scorso aprile, dimostrazione di come i recenti eventi legati al terrorismo e le tensioni geopolitiche rappresentino uno ostacolo per lo sviluppo economico.
Il settore degli idrocarburi, vero motore delle economie dei paesi esportatori, ha subito un ridimensionamento a causa della crisi petrolifera e questo ha inciso notevolmente sulla crescita economica e sul budget statale.
Lo scorso mese, infatti, l’IMF ha stimato una perdita pari a 450 miliardi di dollari nel 2016 per i paesi del Golfo e l’Algeria in Nord Africa a causa della diminuzione delle esportazioni di petrolio e gas naturale, dato che potrebbe raggiungere i 900 miliardi di dollari in totale nel 2021.
Il recente rialzo del costo del petrolio, il quale ha toccato quota 50 dollari al barile, ha però avuto un effetto positivo per quei paesi esportatori i quali hanno saputo avviare un processo di rafforzamento fiscale dovuto alle riforme ideate per contrastare la crisi economica.
Oltre all’andamento incostante del mercato petrolifero, altra minaccia principale per la regione è ovviamente il terrorismo con lo Stato Islamico divenuto l’elemento di instabilità maggiore grazie alla sua presenza in Siria ed Iraq a cui si aggiungono i diversi gruppi jihadisti affiliati al Califfato oppure ad al-Qaeda capaci di infondere la loro influenza ed allargare la loro azione anche nel Golfo.
Circoscrivendo l’analisi ai paesi del Golfo ed esaminando le opportunità di lavoro nella regione attraverso i risultati del Monster Employment Index (MEI) è possibile affermare che gli Emirati Arabi Uniti (10 per cento), l’Oman (3 per cento) ed il Bahrain (23 per cento) sono gli unici Stati ad avere una crescita positiva a cui fanno da contraltare Qatar (- 25 per cento), Arabia Saudita (- 18 per cento) e Kuwait (- 9 per cento). Tali dati dimostrano una cautela maggiore delle aziende ad assumere del personale in un periodo che vede i prezzi del petrolio e le esportazioni instabili e fluttuanti.
Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, il primo paese al mondo per esportazione di petrolio, l’IMF ha confermato per il 2016 una crescita dell’1,2 per cento che raggiungerà il 2 per cento nel 2017. Dati positivi che però non nascondono le cospicue perdite dovute al crollo dei prezzi del petrolio che ha interessato significativamente l’intera regione del Golfo ed in particolare la monarchia Saudita.
Il Bahrain invece ha registrato ad inizio anno il livello maggiore di crescita fin dal 2014: secondo l’ultimo bollettino economico quadrimestrale pubblicato dall’Economic Development Board (BEQ), la crescita ha toccato livello 4,5 per cento grazie anche all’elasticità del settore non petrolifero che ha continuato a beneficiare degli investimenti locali ed esteri. Un ruolo importante in questa crescita è stato conferito al GCC Development Fund il quale ha gestito circa 4 miliardi di dollari in gare d’appalto e circa 3 miliardi di progetti già avviati.
Parlando degli Emirati Arabi Uniti, la crescita per il 2016 si attesta al 3 per cento, dato superiore di un punto percentuale rispetto alle previsioni precedenti della Banca Mondiale. Nel paese un ruolo di primo piano è ricoperto dal settore benessere e medicale il quale vede un aumento nelle opportunità di lavoro del 46 per cento in più rispetto al 2015 ed un incremento dei profitti.
Il Kuwait ha affrontato grandi sforzi per diversificare la propria economia non riuscendo però a svincolarla alla produzione petrolifera: grazie ai suoi profitti negli ultimi anni, il Kuwait però è riuscito a supportare il settore privato che detiene gli stipendi più alti della regione per la popolazione giovane. Il crollo del prezzo del petrolio ha influito a livello nazionale anche se il paese presenta una economia stabile grazie ad un sistema parlamentare forte che ha previsto riforme economiche per mantenere i livelli di crescita nazionale.
Il Qatar è tra i paesi del Golfo quello che registra il livello di tassazione minore (11,3 per cento) fattore che favorisce l’interesse e l’attrazione delle compagnie estere. Lo Stato qatarino è uno dei paesi più ricchi al mondo e dispone delle maggiori riserve di gas naturale nella regione del Golfo i cui proventi sono stati investiti in progetti e proprietà internazionali. La necessità di aprire il mercato interno agli investitori stranieri ed il processo di diversificazione hanno portato a riforme sul sistema della tassazione che stanno producendo i frutti sperati permettendo al paese la crescita economica e di rimanere tra gli obiettivi delle compagnie internazionali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Giuliano Bifolchi, redazione@exportiamo.it
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