Da quando Trump è diventato Presidente degli USA qualcosa sembra essere profondamente cambiato nelle prospettive delle relazioni bilaterali Russia-Stati Uniti: Mosca e Washington potrebbero infatti, nei prossimi anni, instaurare un asse economico-politico inedito sconfessando in modo radicale le politiche portate avanti durante gli otto anni di Barack Obama.

L’Europa quindi rischia di rimanere da sola nel contrasto alle politiche aggressive di Putin e, complice la Brexit, sempre meno credibile sullo scacchiere internazionale.

E’ dunque comprensibile che le sanzioni alla Russia siano un tema tornato prepotentemente alla ribalta sui principali media italiani, i quali tendono ad evidenziare (giustamente) quanto il Made in Italy abbia già scontato un conto salatissimo in questi anni.

I segnali provenienti dall’ultimo aggiornamento ISTAT circa il commercio estero extra UE sono positivi: a dicembre sono stati oltre 9 i punti di crescita registrati dall’export Made in Italy in Russia.

Tuttavia la situazione è ancora ben lontana dall’essere risolta ed infatti nel 2016 le vendite di Roma verso Mosca sono calate del 5,3%.

Il raffronto con il periodo pre sanzioni è ancora più impietoso: se nel 2013, prima della crisi in Ucraina, l’export di prodotti nostrani era arrivato a toccare quota 10,7 miliardi di euro oggi questo dato si attesta a 6,7 miliardi.

In soldoni ci siamo persi per strada ben 4 miliardi di euro solo nel 2016, cifra importante e che sale addirittura a 10 miliardi se si considera la diminuzione registrata in tutto il periodo di vigenza delle sanzioni.

I settori maggiormente colpiti sono stati moda (un miliardo), meccanica strumentale (700 milioni), food&beverage (300 milioni) e in misura diversa molti altri comparti.

Sarebbe quindi, almeno commercialmente, assolutamente auspicabile che la nuova politica di alleanze di Donald Trump spinga anche l’UE a considerare seriamente di eliminare le sanzioni.

Non dimentichiamoci infatti che l’Italia, nel 2013, era il quinto fornitore di beni per il mercato russo.

La grande occasione per un rilancio del Made in Italy in Russia c’è e va colta come ha dichiarato Marinella Loddo, Direttore di ICE Milano, intervenuta in occasione del Forum Milano-Russia: “In Russia abbiamo una grande occasione rappresentata dalla reindustrializzazione. Possiamo portare il nostro know-how e lavorare insieme con i partner per costruire un nuovo modo di produrre ed intendere il Made in. Siamo fiduciosi che la situazione politica possa normalizzarsi, la Russia per noi è una grande ferita che dobbiamo colmare, il nostro export ha subito gravi contraccolpi. Speriamo di tornare a inserire la Russia nel grande mercato delle nostre esportazioni”.

Ma quale è la situazione a livello comunitario?

La speranza che la prossima scadenza delle sanzioni alla Federazione Russa fissata per il 31 gennaio scorso potesse essere l’ultima, è rimasta vana.

Il meccanismo sanzionatorio è stato infatti rinnovato fino al 31 luglio 2017 durante il Consiglio Europeo tenutosi il 21 dicembre scorso.

Un timido segnale è stato lanciato dal premier italiano, Paolo Gentiloni, nel suo primo intervento a Bruxelles del 15 dicembre scorso in occasione del Consiglio Europeo.

L’ex Ministro degli Esteri ha preso la palla al balzo e si è dichiarato contrario a un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia per la situazione siriana e ha dunque ribadito la ferma volontà dell’Italia di spendersi a favore di una normalizzazione dei rapporti con Mosca.

Queste però rischiano di rimanere solo parole perché, almeno fino ad adesso, le nostre istituzioni sono rimaste saldamente allineate alle decisioni prese a livello europeo.

SACE comunque intravede un timido miglioramento delle relazioni economiche con Mosca nel prossimo futuro e già dal 2017 la performance del nostro export dovrebbe tornare positiva (+1,8%).

Attenzione però perché è assai probabile che se Washington allenterà le sanzioni nei prossimi mesi anche l’UE seguirà il suo esempio.

Certamente questa sarebbe una bella notizia per le nostre imprese esportatrici anche se, ad esser sinceri, sarebbe molto più dignitoso che, una volta tanto, fosse l’Europa ad anticipare i tempi anziché aspettare passivamente le decisioni provenienti dagli Stati Uniti.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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