Hassan Rouhani, è stato ufficialmente eletto alle elezioni presidenziali in Iran per la seconda volta: il Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran ha ottenuto il 57% delle preferenze (23 milioni voti) staccando Ebrahim Raisi, il principale sfidante di Rouhani, che ha raccolto appena il 38% dei suffragi.

Rouhani ha 68 anni e può essere considerato un politico moderato e riformista ed è conosciuto in Iran con il titolo di Sheykh-e Diplomatik (Sheykh: termine utilizzato nell’Islam sciita per i chierici non discendenti direttamente da Maometto).

Il Presidente dell’Iran ha “aperto” la politica di Teheran dal punto di vista della politica internazionale soprattutto con l’accordo sul nucleare raggiunto nel luglio 2015 con le grandi potenze internazionali.

Nella prima fase del suo mandato presidenziale, con l’aiuto di Mohammad Javad Zarif - Ministro degli Affari Esteri - si è fortemente impegnato a negoziare lo sviluppo del progetto nucleare iraniano ottenendo la parziale cancellazione delle sanzioni imposte a livello internazionale alla Repubblica Islamica.

Gli effetti post sanzioni

Il superamento delle sanzioni ha avuto un effetto positivo immediato riportando molti investitori internazionali a considerare le opportunità d’investimento offerte a Teheran e dintorni.

Inoltre dopo l’eliminazione delle sanzioni contro l’Iran la produzione e l’esportazione di petrolio iraniano sono cresciute: a novembre 2015, pochi mesi dopo la conclusione dell’accordo sul nucleare, l’Iran produceva 2,84 mb/g mentre nel 2016 la media è salita a 3,70 mb/g, registrando un incremento del 30%. L’obiettivo dichiarato del Paese islamico è arrivare a 5 mb/g di produzione nel 2021.

Anche le banche e le assicurazioni iraniane sono tornate attive sui mercati mondiali e sono uscite dalla black list.

Alla fine del 2015 l’inflazione, grazie all’aumento di produzione ed export petrolifero, è scesa per la prima volta sotto il 10% rispetto al periodo di Ahmadinejad.

Dalla fine delle sanzioni l’Iran ha portato a termine oltre 36 accordi economici con molte nazioni ed investitori esteri, tra cui Germania, Francia ed Italia.

Non bisogna dimenticare che dall’anno scorso, la Banca Centrale dell’Iran e altre 24 banche sono state riconnesse al sistema SWIFT (Society for worldwide interbank financial telecommunication) così il sistema dei pagamenti iraniano è stato effettivamente ricollegato a quello internazionale.

A partire dal 2018 la crescita dell’economia iraniana dovrebbe attestarsi intorno al 3.3% in seguito ad una normalizzazione dell’export energetico e da un sostanziale immobilismo del settore non-oil.

Gli interessi italiani

Rouhani ad aprile 2016 si è recato a Roma e si è incontrato con l’ex premier italiano Matteo Renzi. L’incontro fra i due è stato molto proficuo dal momento che sono stati conclusi accordi bilaterali in diversi comparti: infrastrutturale ed edilizio, tecnologie mediche, biomediche, settore dell’agroindustria e in quello dell’automotive.

L’export italiano verso l’Iran è guidato principalmente dal settore della meccanica strumentale (58%) e dai prodotti chimici (8,4%), a cui si aggiungono prodotti metallurgici, apparecchiature elettriche e materiali da costruzione.

I risultati delle elezioni presidenziali in Iran e la scelta del popolo iraniano mostrano che gli iraniani non vogliono tornare indietro ai tempi in cui (ad esempio nel 2012) l’Iran perdeva circa 40 miliardi di dollari a causa delle sanzioni.

La linea tracciata dal governo Rouhani è chiara e necessita di fiducia e continuità per poter riportare l’Iran su di un giusto binario economico e sociale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi, redazione@exportiamo.it

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