I prodotti biologici italiani sono molto apprezzati oltreconfine, tant’è che l’Italia è il secondo esportatore mondiale. Ma quali sono le certificazioni necessarie per esportare i prodotti bio? Scopriamole insieme.

Seppur in un momento di debolezza congiunturale internazionale, la domanda di prodotti biologici è in una fase di rapida crescita in tutto il mondo. Se da un lato l’incremento della domanda è dovuto ad una maggiore consapevolezza dei benefici derivanti dal seguire una dieta sana ed equilibrata, dall’altro va letto in un’ottica di accentuata sensibilizzazione a livello mondiale su tematiche ambientali e di sostenibilità che ha reso il consumatore consapevole di come le proprie scelte d’acquisto vadano ad impattare non solo sul proprio benessere ma anche sull’ambiente circostante.

Il boom del biologico sembra dunque aver risposto ad un mutamento dello stile di vita, un cambiamento in direzione di una maggiore consapevolezza sui metodi di produzione e di consumo, sulla necessità di capire cosa c’è dietro, quali sono i processi e le scelte che precedono un piatto servito a tavola.

C’è da dire però che il bio non è solo food: sugli scaffali dei negozi specializzati e della GDO, infatti sono sempre più presenti anche cosmetici, saponi, detergenti per la casa, tessuti biologici e persino utensili da cucina biologici.

Il settore, inoltre, ha ormai assunto dimensioni economiche notevoli: secondo Statista, nel 2017 le vendite di prodotti bio hanno raggiunto un valore globale di 77,4 miliardi di dollari, ma ancora più interessanti sono le prospettive per il futuro dal momento che si stima che nel 2025 il loro valore sarà di 320, 5 miliardi di dollari, con un incremento del +75,8%.

In Italia, secondo i dati elaborati da Nomisma, nel primo semestre del 2018, le vendite totali di cibo biologico hanno raggiunto 5,6 miliardi di euro, di cui 3,5 miliardi di euro nel mercato domestico, ed i restanti circa 2 miliardi all’estero. Quest’ultimo dato attribuisce la medaglia d’argento all’Italia nella classifica dei Paesi esportatori di prodotti biologici: con 1,91 miliardi di euro di fatturato export contro i 2,4 degli americani è seconda solo agli Stati Uniti.

Il biologico si conferma dunque un settore dinamico e trainante anche in prospettiva internazionale, offrendo importanti opportunità commerciali alle aziende esportatrici del Belpaese.

Per poter esportare i propri prodotti biologici all’estero, tuttavia, non è sufficiente che i propri prodotti siano effettivamente sani e rispettosi dell’ambiente – ovvero che siano realizzati attraverso metodi di coltivazione e d’allevamento che impieghino sostanze naturali, escludendo l’utilizzo di concimi, diserbanti, insetticidi o altri prodotti di sintesi chimica ed in condizioni adatte al rispetto della biodiversità e alla riduzione dell’impatto sull’ambiente – ma è necessario che un ente accreditato lo possa certificare.

Per poter essere ritenuti biologici, infatti, i prodotti devono rispettare una serie di standard definiti da diverse norme a livello nazionale, europeo ed internazionale ed ottenere una apposita certificazione rilasciata da un organismo di controllo accreditato.

A livello internazionale non è disponibile uno standard che vale per tutti i Paesi ed un sistema di mutuo riconoscimento, anche se alcuni Paesi stanno operando per identificare una matrice comune al fine di facilitare l’immissione sul mercato di prodotti biologici e, al contempo, tutelare i consumatori.

Per esportare nei Paesi facenti parte dell’Unione Europea è richiesta la Certificazione Bio disciplinata dal Regolamento UE 834/07.

Tale certificazione, rilasciata da diversi enti italiani accreditati, è riconosciuta anche in numerosi altri Paesi tra cui Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, India, Israele, Giappone, Svizzera, Tunisia, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Corea del Sud con i quali l’Unione Europea ha stipulato accordi di equivalenza in modo che possano esserci scambi commerciali di prodotti biologici certificati da e verso paesi extra UE. Gli accordi assicurano ai consumatori e agli operatori che, da qualunque Paese provengano, le regole adottate per il biologico sono applicate e verificate in ogni fase della filiera di produzione, trasformazione e commercializzazione e sono quindi equivalenti al Regolamento UE 834/2007.

Tuttavia, questi Paesi possiedono le proprie normative interne e le proprie certificazioni. Come funziona dunque in questi casi?

Per esempio negli Stati Uniti esiste un regolamento biologico nazionale, il NOP (National Organic Program), ma grazie al regime di equivalenza, i prodotti biologici già certificati ai sensi del Regolamento CE 834/07 possono essere esportati riportando in etichetta anche il logo NOP senza necessità di richiedere una specifica certificazione NOP e ricontrollare l’intera catena di fornitura. Le restanti indicazioni dovranno rispettare le normative statunitensi in materia di etichettatura.

Lo stesso discorso vale per il Canada dove l’agricoltura biologica è regolamentata dal COR (Canadian Organic Regime) o per il Giappone dove la normativa di riferimento è lo JAS (Japan Agriculture Standard).

Tra gli altri mercati extraeuropei con i quali non vi sono accordi di equivalenza, ma verso i quali vengono spesso esportati prodotti bio da nostri operatori certificati si segnalano la Cina ed il Brasile.

La Cina ha una legislazione nazionale sull’agricoltura biologica e un sistema di controllo e certificazione che si basa su enti certificatori riconosciuti dal Governo, ai quali è affidata in via esclusiva l’attività di controllo e certificazione dei prodotti biologici destinati ad essere importati nel territorio della Repubblica Popolare Cinese. Le regole di certificazione sono definite dalla CNCA (Certification and Accreditation Administration of the People’s Republic of China).

Per poter esportare prodotti biologici in Brasile invece è necessario ottenere la certificazione contraddistinta da marchio Produto Organico Brasil secondo quanto previsto dalla legge n. 10.831 del 23/12/2003.

In conclusione, dunque, in un mercato globale in cui il consumatore è sempre più attento alla qualità e alla provenienza di ciò che acquista, la vera sfida per le aziende che operano nel settore biologico sarà riuscire ad adattare i propri standard alle nuove regole di mercato garantendo, al contempo, sicurezza ed affidabilità.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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