Iran: da Vienna riparte il conto alla rovescia per l’accordo sul nucleare

Iran: da Vienna riparte il conto alla rovescia per l’accordo sul nucleare

25 Novembre 2014 Categoria: Marketing Internazionale Paese:  Iran

Non si é arrivati alla definizione di un accordo definitivo con i negoziati conclusi ieri a Vienna sul “Nucleare iraniano” tra il gruppo 5+1, ovvero Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Inghilterra (Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU) e Germania e la Repubblica Islamica dell’Iran, rappresentata dal Ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif.

Dopo la serie di incontri bilaterali del weekend i “negoziatori” si sono ritrovati insieme al Palais Coburg con la presenza anche della delegata speciale dell’Ue Catherine Ashton

Si sono conclusi quindi con un nulla di fatto e sulla stampa internazionale c’é anche chi ha parlato di fallimento, ma é importante ricordare che un nuovo appuntamento e nuove scadenze per arrivare a un accordo globale e una nuova proroga al blocco delle sanzioni contro l’economia iraniana sono stati concordati a Vienna: ci sarà tempo fino al 1° marzo 2015 per giungere a un accordo di massima tra le parti per poi definirlo nel dettaglio entro il 1° luglio.

E’ stato confermato l’accordo con Teheran anche per lo scongelamento di beni iraniani per un valore di 700 milioni di dollari al mese, come già concordato con il “Joint plan of action”, l’accordo preliminare firmato un anno fa.

Il prossimo round negoziale dovrebbe invece tenersi il 5 dicembre o nuovamente a Vienna o in Qatar.

In realtà sia a Washington che a Teheran emerge la convinzione che l’accordo arriverà entro la nuova scadenza perché come ha dichiarato il Segretario di Stato Americano, John Kerry: “Dobbiamo continuare a lavorare come abbiamo fatto finora, queste trattative sono difficili: se non lo fossero, avremmo già trovato un accordo. Ma in questi giorni abbiamo fatto progressi significativi, e sono emerse alcune idee nuove. Oggi il mondo é già più sicuro di un anno fa” e lo stesso Presidente iraniano Hassan Rohani in un discorso televisivo, si é mostrato fiducioso e ha affermato che i negoziati sono riusciti a ricomporre “la maggior parte delle divergenze” e si concluderanno l’anno prossimo con un “accordo definitivo”.

La complessità e l’importanza iraniana

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Situato tra il Golfo Persico e il Mar Caspio confinante via terra e via mare con quindici paesi, l’Iran da secoli rappresenta il centro di due grandi aree di influenza solo parzialmente coincidenti, determinate rispettivamente dal fattore linguistico e da quello religioso: l’area del farsi e quella ancor più articolata e frastagliata dell’Islam sciita.

Pochi paesi sul globo terracqueo occupano una speciale collocazione geopolitica come la Repubblica Islamica dell’Iran.

Il farsi, oltre che in Iran e nei paesi del Golfo ove sono presenti collettività iraniane importanti, é parlato e compreso in Tagikistan ed in buona parte dell’Afghanistan. Per secoli é stato la lingua veicolare per i paesi dell’area, molto usata nei rapporti commerciali e diplomatici, rappresentando inoltre la lingua dotta e la lingua di corte in buona parte del subcontinente indiano. Da qui il peso culturale dell’area del farsi, della sua capitale, delle idee prodotte e trasmesse in questa lingua che é difficile percepire per un occidentale.  

L’Iran é l’unico paese a maggioranza sciita ed ha assunto nei secoli il ruolo di punto di riferimento per i seguaci di tutte le pur molto differenziate obbedienze non sunnite (zaediti, ismaeliti, nezariti).

Tra i principali produttori petroliferi del mondo, i più importanti giacimenti di petrolio si concentrano all’estremità del Golfo e vengono stimati tra i più grandi del pianeta sufficienti a mantenere gli attuali livelli di produzione per altri settant’anni.

L’Iran possiede altresì ingenti riserve di gas naturale e cospicue riserve di carbone, ferro, rame, piombo, zinco, cromite, argento, manganese, sale, magnesite e zolfo che alimentano l’industria estrattiva.

Viste le premesse, appare legittima la pretesa iraniana al ruolo che gli compete a livello regionale, ruolo che, da oltre trenta anni a questa parte e cioé dal ritorno dell’Ayatollah Khomeini a Teheran e l’inizio dell’esperienza mistica, religiosa, politica e rivoluzionaria legata al suo nome e al suo carisma, l’Occidente non é mai riuscito ad accettare, digerire e comprendere.

Sui difetti d’interpretazione e di comprensione occidentali nei confronti di Teheran ci sarebbe molto da approfondire…

Ad esempio, pochi mesi prima della Rivoluzione, il presidente degli Stati Uniti del tempo, Jimmy Carter, in visita a Teheran aveva definito l’Iran - in quella che diventò una battuta leggendaria negli annali della diplomazia - “un’isola di stabilità in una regione turbolenta”.

Non bisogna dimenticare che fu George W. Bush inserendo l’Iran nel cosiddetto “Asse del Male” a porre fine al momento di vicinanza maggiore tra l’Occidente e la Repubblica Islamica, quel “Dialogo di Civiltà”, portato avanti dal moderato Mohammad Khatami che dovette scontrarsi con il nuovo e risoluto unilateralismo dell’amministrazione statunitense e la crescente ostilità nei confronti del regime, finendo per favorire l’ascesa degli ultra-conservatori guidati da Mahmud Ahmadinej?d, con tutte le dovute e necessarie conseguenze.

Gli eventi degli ultimi decenni quali la rivoluzione, la guerra con l’Iraq, l’imposizione di sanzioni e le crisi regionali hanno ostacolato lo sviluppo del paese.

L’Iran con circa 80 milioni di abitanti dall’età media di 28,3 anni (secondo le ultime stime disponibili della CIA) e una concentrazione unica di riserve naturali, nel tempo é destinato a sprigionare inesorabilmente tutto il suo potenziale e sul piano economico tutto ciò potrebbe avere una portata globale dal momento che reintegrerebbe sui mercati internazionali un Paese con un grosso potenziale di produzione e di investimento e un potenziale mercato di sbocco importante anche per le nostre merci.

Tanti attori, tanti interessi, tanti ostacoli

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Gli Stati Uniti mai come oggi si ritrovano ad aver bisogno di riconfigurare le loro relazioni regionali con l’Iran per poter risolvere le diverse questioni aperte sul piano regionale a partire dall’avanzata del nemico comune rappresentato dallo “Stato Islamico” e lo stesso Presidente Barack Obama, anche se azzoppato e quasi neutralizzato sul piano politico dall’ultima “scoppola elettorale”, sarebbe fiero di legare il suo nome alla risoluzione di questa storica intesa che aprirebbe nuovi scenari, nuove dinamiche e nuove alleanze in Medio Oriente.   

Per quanto riguarda invece l’Iran, la chiave di volta sarà rappresentata, sul piano interno, dal mantenimento dell’equilibrio di vedute in merito da parte del Presidente Rohani e della Guida Suprema Khamenei che lascerà a Rohani una buona libertà di manovra per cercare di raccogliere i frutti delle azioni negoziali già intraprese nei confronti dell’Occidente.        

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Nell’assetto istituzionale della Repubblica Islamica in ragione del principio del Velayat-e faqih, nei fatti, il ruolo di ultimo decisore é affidato alla Guida Suprema.   

Rohani, di ispirazione moderata, é stato tra l’altro a capo della Commissione per le trattative sul nucleare (2003-2005) come uomo di fiducia del presidente Khatami e  fin dalla sua elezione ha dimostrato la ferma volontà di tenere fede alle promesse elettorali di riallacciare rapporti con l’Occidente in ragione dello stato precario dell’economia e delle finanze iraniane colpite duramente dall’inasprirsi delle sanzioni USA e UE.

E’ a favore del programma nucleare e conosce bene tutte le questioni tecniche del problema, é , tuttavia, sostenitore di una politica estera più moderata e maggiormente incline al dialogo con l’Occidente, non sulla base di un “Dialogo di Civiltà”  ma sempre su una base di rispetto e reciprocità che non metta in discussione la legittimità della Repubblica Islamica.

Khamanei nei confronti del presidente Rohani ha fin da subito dimostrato un buon grado di apertura che nei fatti ha portato a una veloce approvazione dei ministri del nuovo gabinetto e in una quasi benedizione nei confronti del dialogo con l’Occidente, cosciente dello stato in cui versa l’economia e la società iraniana.

Se la Guida Suprema, dovrà soppesare la sua apertura con il mantenimento dell’iconografia rivoluzionaria ed evitare il rischio di percezione che il negoziato nasca dalla debolezza del regime, Rohani dovrà fare i conti con i “duri e puri” del regime rappresentati da tutto il complesso che ruota intorno ai Pasdaran e alle forze conservatrici fedeli al “Down with USA” che legittimano il loro ruolo e la loro esistenza proprio per combattere il “Grande Satana” e il “Piccolo Satana”, Stati Uniti e Israele e sono fermi ai valori primordiali della Rivoluzione Islamica e al khomeinismo più radicale, con ramificazioni ben stratificate all’interno della società iraniana sia sul piano militare che economico.

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Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha invece dichiarato chiaramente la sua posizione alla BBC affermando:

“Nessun accordo é meglio di un cattivo accordo. L’accordo per cui l’Iran premeva era terribile, perché avrebbe lasciato a Teheran la capacità di arricchire l’uranio per la bomba atomica, rimuovendo le sanzioni. Un buon accordo di cui c’é bisogno prevede che venga smantellata la capacità dell’Iran di avere ordigni atomici e solo allora si possono smantellare le sanzioni. Il fatto che non ci sia accordo ci offre l’opportunità di continuare a rafforzare le pressioni economiche che hanno dimostrato di essere l’unica cosa che ha portato l’Iran al tavolo del negoziato bisogna mantenerle, rafforzarle, credo che questa sia la strada da prendere”.

Gli analisti vedono molto remota - attualmente - la possibilità di un attacco militare israeliano all’Iran, ma nessuno esclude totalmente l’ipotesi.

 

Chi invece vedrebbe di buon occhio una normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Islamica sono Emirati Arabi Uniti, Oman e Qatar che hanno concluso importanti accordi economici e commerciali anche in attuazione della strategia di Rohani che punta all’intensificazione delle relazioni economiche con i paesi vicini come un’occasione per far decollare anche il dialogo politico.

 

Gli ostacoli e le insidie principali al raggiungimento di un accordo complessivo, rimangono fondamentalmente legate al numero totale di centrifughe che l’Iran potrà utilizzare: gli Stati Uniti vorrebbero limitare la capacità a 4.000 unità mentre Teheran ne ha installate 20.000 e di queste 9.000 sono già attive e giustifica questi numeri facendo riferimento al fabbisogno energetico.

Pazienza, perseveranza e lungimiranza

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“Pensate che la realizzazione di un tappeto può richiedere il lavoro di dozzine di persone e dieci anni di tempo. Un popolo che impiega anni per fabbricare un sol tappeto é capace di aspettare molti più anni per vincere una guerra. Non prendete alla leggera la pazienza e la perseveranza degli iraniani” con queste parole, attribuite a un anonimo politico arabo, si coglie l’essenza e la particolarità del popolo iraniano, erede di una storia millenaria.

E’ innegabile come il regime sanzionatorio nei confronti della Repubblica Islamica abbia avuto ripercussioni pesanti non solo sull’economia iraniana, ma anche sulle performance, ad esempio, delle nostre aziende esportatrici che nel 2012 e nel 2013 hanno visto calare le esportazioni del 25% e contrarre la quota di mercato dal 6,9% del 2005 (ultimo dato prima delle “prime” sanzioni) al 4,5% del 2013.

Nel 2013 pur risultando il 2^ fornitore europeo dell’Iran dopo la Germania, il valore dell’interscambio complessivo bilaterale é sceso di oltre 1 miliardo di € e secondo le previsioni il nostro export nel triennio 2014-16 dovrebbe attestarsi intorno ai 3 miliardi di € ben lontano dai 19 miliardi di € previsti dalle stime in assenza del regime sanzionatorio….

Di questo e di altre problematiche legate alle sanzioni contro Teheran si é parlato a Milano, lo scorso 6 novembre con il Seminario: “L’esportazione dei beni dual use e le restrizioni verso l’Iran: quali novità per gli operatori”, promosso dall’Associazione Italiana Commercio Estero AICE.

L’obiettivo dell’iniziativa é stato quello di illustrare le regole per l’esportazione di beni a duplice uso ovvero materiali, macchinari e software, che, pur non essendo progettati per scopi militari, possono trovare applicazione in questo ambito e sono quindi potenzialmente passibili di impieghi militari. Per questo motivo la loro esportazione é soggetta a richiesta di autorizzazione il cui rilascio é di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico.

Appare evidente come il dover sottostare alle dinamiche sanzionatorie multilaterali che interessano la Repubblica Islamica dell’Iran, intacca i nostri interessi e quelli delle nostre aziende che storicamente hanno trovato nell’antica Persia un mercato di sbocco importante per il “Made in Italy”.

Il nostro ruolo anche sul piano diplomatico e politico, l’Italia era riuscito a ritagliarselo ai tempi del Governo Prodi e del “Dialogo di Civiltà” avviato da Khatami, configurandosi come un partner privilegiato in Europa, e fu il nostro ex premier, nel 1998, il primo Capo di Governo occidentale a recarsi in visita ufficiale a Teheran dall’avvento della Rivoluzione Islamica: alla base vi era una visione della politica estera che individuava una centralità strategica dell’area mediorientale e mediterranea per gli interessi nazionali, in parte sbiadita con il tempo e condizionata dagli eventi catastrofici dell’11 settembre 2001.

Naturalmente la polveriera mediorientale é sempre sul punto di esplodere e forse qualcuno si é reso conto oggi che non si può prescindere dal coinvolgimento dell’Iran che continua ad ambire al riconoscimento della sua importanza e della sua influenza sul piano regionale, accresciuta tra l’altro dagli eventi degli ultimi anni.

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Come scriveva qualche anno fa Timothy Garton Ash in un suo articolo riguardo la possibilità di un Iran atomico:

“Roma non é stata costruita in un giorno e non basterà un giorno per cambiare la Persia. Confrontati con le limitatissime possibilità che abbiamo di influenzare quel paese antico, autoreferenziale ed oggi ardito, dobbiamo aver ben chiaro in mente che la strada sarà lunga e difficile. Non possiamo fare dell’ Iran un paese pacifico e democratico, ma solo contribuire a creare le condizioni affinché gli iraniani stessi possano col tempo renderlo tale. In Iran sono in funzione due orologi, l’orologio del nucleare e l’orologio della democrazia. Il cambiamento, quando verrà, verrà da parte di iraniani che operano secondo modalità tipicamente iraniane.”

Gli eventi che hanno caratterizzato la storia persiana nell’ultimo secolo in effetti hanno sempre messo in chiaro le peculiarità di un popolo che non accetta imposizioni dall’esterno.

La complessità iraniana continua ad essere il dato di fondo, all’orizzonte é necessario però intravedere nuove prospettive e opportunità di dialogo e non fallimenti.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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