In occasione della sua visita a Tashkent la nostra corrispondente Narmin Rahimova ha avuto la possibilità di intervistare il Vicepresidente della Camera di Commercio e Industria della Repubblica dell’Uzbekistan, Farizshokh Usmanov, per approfondire alcuni aspetti legati alle possibilità di intraprendere collaborazioni economiche tra le imprese dei due Paesi.

Da diversi anni in Uzbekistan è in corso una politica mirata e ponderata la cui priorità principale è la creazione di condizioni più favorevoli per lo sviluppo del settore privato, che è il motore di ogni economia di mercato. Un ruolo importante nel raggiungimento di questi obiettivi è assegnato alla Camera di Commercio e Industria (CCI) della Repubblica dell’Uzbekistan, il principale scopo della quale è contribuire alla creazione di condizioni favorevoli per lo sviluppo dell’imprenditorialità in Uzbekistan attraverso assistenza nella creazione di rapporti d’affari tra imprenditori nazionali e partner esteri, nella promozione di beni e servizi nazionali sui mercati esteri, nell’attrazione di investimenti stranieri.

Ecco cosa ha raccontato Farizshokh Usmanov, Vicepresidente della Camera di Commercio e Industria della Repubblica dell’Uzbekistan, alla nostra inviata Narmin Rahimova.

Quante aziende rappresenta la Camera e in quali settori?

La Camera di Commercio dell’Uzbekistan ha quasi 50.000 membri. Copriamo quasi tutti i settori e le aree. Essenziali sono le piccole e medie aziende private che in genere sono più interessate a promuovere i propri interessi attraverso noi, assistendole nell’esportazione dei loro prodotti. Particolarmente rilevanti sono le imprese industriali, principalmente operanti nel tessile, pelletteria e calzaturiero, materiali da costruzione (11-12%), produzione di prodotti agricoli, ortaggi e frutta essiccati trasformati, prodotti di pasticceria.

Quale supporto (se presente) offrite alle aziende straniere interessate a esportare nel mercato uzbeko?

Supportiamo le aziende straniere interessate all’esportazione dei loro prodotti in Uzbekistan con l’organizzazione di vari eventi, tavole rotonde, presentazioni tematiche, incontri, in modo che possano presentare i loro prodotti e materiali al loro pubblico target. Non essendo un’organizzazione statale la CCI non è sponsorizzata dallo stato e abbiamo un budget, quindi ci sono alcuni servizi che vengono forniti a pagamento.

Quali sono secondo lei i settori più attraenti per l’export italiano in Uzbekistan? Quali potrebbero diventarlo in futuro?

In generale tutti associano la parola Italia alla moda, al design, quindi all’industria tessile, prima di tutto; ma il primo settore, se parliamo di Italia, sono i macchinari e le apparecchiature. Gli scambi commerciali tra Italia e Uzbekistan sono di circa 340 milioni di dollari, di cui 310 di importazioni, e di queste il 75% sono in macchinari e apparecchiature. Il popolo uzbeko ama e indossa marchi italiani di abbigliamento, acquistandoli dalle boutique multibrand locali. Penso che abbiamo un potenziale abbastanza ampio per lavorare con questi marchi e sarebbe opportuno che entrassero direttamente nel mercato uzbeko portando il loro brand direttamente qui.
Una cosa è vendere, un’altra è organizzare la cooperazione industriale tra i nostri Paesi. In passato, il nostro Paese raccoglieva ed esportava cotone per solo 1 miliardo di dollari; oggi, grazie alle riforme realizzate, il settore è stato privatizzato. Sono stati organizzati cluster tessili, l’azienda stessa raccoglie il cotone, lo lavora e produce abbigliamento. Al giorno d’oggi abbiamo vietato l’esportazione di cotone, abbiamo addirittura una carenza, e pensiamo anche di importare cotone in Uzbekistan. Stiamo riducendo i campi per la semina del cotone, aumentando le colture agricole (cereali, legumi, ecc.). Se prima esportavamo cotone per 1 miliardo di dollari, oggi esportiamo prodotti tessili per 2 miliardi di dollari. Inoltre, circa 1.500 aziende lavorano nel settore tessile. Sappiamo cucire, ma non abbiamo ancora un’esperienza nel cucito tale da rendere il prodotto appetibile in Europa; questa è quindi una delle aree in cui potremmo attirare consulenti italiani, professionisti italiani nel campo della moda e del design nonché le imprese, formando i nostri designer che si occupano di sartoria.
Quando parliamo di seta, la prima cosa a cui pensiamo sono il Giappone e la Cina. Ma in realtà, al giorno d’oggi probabilmente questi Paesi non prestano tanta attenzione allo sviluppo di questa industria quanto l’Uzbekistan. Innanzitutto per la CCI sono prioritari gli artigiani che ne fanno direttamente parte; in secondo luogo, lo sviluppo di questo settore è una priorità nazionale e ci sono alcuni benefici per coloro che si occupano dell’allevamento del baco da seta. C’è già un’azienda italiana che ha iniziato una collaborazione con i nostri produttori.
Alti prodotti sono a mio parere: le attrezzature nel campo dell’allevamento di pollame, nel campo della zootecnia, nella tecnologia enologica, non solo con gli italiani ma anche con i francesi. Le vigne sono principalmente nelle regioni di Samarcanda, Surkhandarya e Tashkent. In generale, poiché lo sviluppo in Uzbekistan sta procedendo a un ritmo molto elevato, c’è una nicchia per le aziende italiane in qualsiasi settore e industria.

L’Uzbekistan presta grande attenzione all’attrazione degli investimenti esteri. Quali vantaggi offrite agli imprenditori stranieri?

Da tempo abbiamo introdotto numerosi vantaggi per gli investitori stranieri. Per iniziativa del nostro presidente sono state create 23 zone economiche speciali in cu vigono determinati benefici fiscali, come l’esenzione dalla tassa sulla proprietà per le persone giuridiche, l’esenzione dall’imposta fondiaria e anche l’esenzione dai dazi statali sull’importazione di materie prime e merci necessarie per la produzione, nonché sull’importazione delle attrezzature necessarie all’avvio della produzione.
Le Zone Economiche sono state create per 30 anni, ma la durata dei benefici per ciascuna azienda dipende dall’ammontare degli investimenti: dai 300.000 ai 3 milioni di dollari, i benefici hanno una durata di 3 anni; tra 3 e 10 milioni durano per 5 anni e se ammontano a più di 10 milioni per 7 anni.
Gli investimenti diretti esteri sono circa 6-7 miliardi di dollari all’anno. In precedenza, questa cifra variava tra 1-2 miliardi. Recentemente il Ministero degli investimenti e del commercio estero ha annunciato che tra il 2021 -2023 si prevedono investimenti per 30-35 miliardi.

Quale Paese europeo è il più attivo nel campo degli investimenti diretti esteri in Uzbekistan? Quali sono i principali ostacoli che le aziende italiane ed europee hanno dovuto affrontare nell’investire in Uzbekistan e quali soluzioni avete trovato?

In primo luogo abbiamo la Germania, che conta quasi il 10% degli investimenti totali, seguita dalla Francia con il 2%. L’ostacolo più grande è l’assenza di grandi aziende qui in Uzbekistan. In altri termini, gli investitori vengono qui, trovano un partner, ma non lo controllano fino in fondo e non riescono a mettere dirigenti che soddisfino i requisiti che hanno fissato. Quindi direi che il personale non qualificato è il primo ostacolo. Il secondo ostacolo, ovviamente, sono i fondi di credito concessi in assenza di un serio business plan dell’impresa che, oltre a investire i propri fondi, attira anche prestiti esteri, ma quando il arriva il momento di ripagare i debiti, emergono difficoltà.
Ci sono, ovviamente, casi isolati legati al terreno del sito produttivo, o a un partner inaffidabile, ma per questo c’è una legislazione, e la questione si risolve a livello della procura o dell’Ombudsman. Ad oggi è stato creato l’Istituto di Business Ombudsman, che si occupa, tra l’altro, dei casi relativi alle imprese estere; è stato inoltre creato presso la CCI il Tashkent International Arbitration Center, che si occupa anche di questioni giudiziarie relative a società estere. La legge prevede la loro tutela giuridica.
L’unico inconveniente è che l’Uzbekistan è uno dei due Paesi double locked per lo sbocco sul mare. La seconda difficoltà è l’attuale situazione con il nostro vicino, l’Afghanistan, che può incidere negativamente sul flusso degli investimenti. Ma, naturalmente, oggi il nostro governo sta lavorando attivamente per stabilizzare la situazione ai nostri confini con l’Afghanistan. Il governo garantisce anche l’inviolabilità degli investimenti in Uzbekistan.

Gafurjon Usmanov - Capo del dipartimento del commercio internazionale (a destra), Narmin Rahimova (al centro), Farizshokh Usmanov - Vicepresidente della Camera (a sinistra)

Qual è la vostra esperienza di collaborazione con le aziende italiane?

In Uzbekistan ci sono oltre 60 aziende italiane che oggi operano come joint venture, di cui circa 20 a capitale 100% italiano, e sono in corso una serie di progetti di investimento, soprattutto nel campo della medicina e dell’industria tessile. Ad oggi collaboriamo con l’ICE, lavoriamo a stretto contatto con Confindustria, la Camera di Commercio e Industria Italo-Uzbeca, che riunisce imprenditori sia dell’Uzbekistan che aziende italiane.
Stiamo organizzando una serie di visite bilaterali. Recentemente è stata organizzata una visita del presidente della Regione Lombardia in Uzbekistan alla quale hanno partecipato circa 40 aziende (in diversi ambiti) e con le quali abbiamo iniziato una collaborazione e continuiamo a lavorare. Siamo interessati a lavorare più attivamente con l’Italia in questo settore. Nonostante la pandemia, si sono tenute circa 5 tavole rotonde e presentazioni online insieme ai nostri partner italiani.

Se desideri ulteriori informazioni o vuoi ricevere una consulenza per avviare un progetto di internazionalizzazione in Uzbekistan compila questo form oppure chiamaci allo 06 5919749.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Narmin Rahimova, redazione@exportiamo.it

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