“Sed fugit interea fugit irreparabile tempus” scrive Virgilio nelle “Georgiche”, “ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo” e a rendersene conto in questi ultimi giorni - oltre la normalità - sono tutti gli italiani.

E’ già passata una settimana dalle largamente annunciate dimissioni del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dalla non casuale contestuale chiusura del Semestre di Presidenza dell’Unione Europea con il discorso del Premier Matteo Renzi nella sede semi-deserta di Strasburgo del Parlamento Europeo. Un’immagine non proprio esaltante e un dibattito che in realtà si é animato più su questioni di politica interna che non sull’operato tricolore alla guida UE, con interventi dei leader delle opposizioni nazionali per eccellenza, Matteo Salvini nell’emiciclo e Beppe Grillo in confessorio in tribuna stampa.

Exportiamo lo scorso mese di luglio doverosamente all’avvio del nostro turno al “comando” - in realtà come vedremo molto relativo - si era soffermato sul programma economico e finanziario e oggi, altrettanto doverosamente, a giochi conclusi, ci sembra giusto provare a tirare le somme su quanto é stato realizzato e quanto é stato solo annunciato.

Lo schema a quanto pare anche in trasferta non cambia.  

Alcune premesse sulle condizioni politiche e istituzionali che hanno accompagnato strutturalmente l’azione italiana sono fondamentali e necessarie non per un eventuale auto-assolvimento ma per aver ben chiara la situazione e il contesto oltre che le contingenze.

 

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E’ lo stesso Renzi ad ammettere con una pur bella immagine i limiti della propria azione durante il semestre europeo:

“In Europa siamo riusciti a cambiare il vocabolario, ora aspettiamo le realizzazioni”.

Non si può non considerare la straordinaria congiuntura istituzionale che ha attraversato il nostro semestre di presidenza.

Tra luglio e novembre si sono insediati il nuovo Parlamento europeo, la nuova Commissione e il nuovo presidente del Consiglio europeo e sicuramente i tempi tecnici dell’avvicendamento hanno influito in maniera determinante sulla definizione delle priorità per il nostro governo e dall’inizio era noto che l’attività legislativa, sarebbe stata limitata dal fatto che la Commissione uscente non avrebbe più presentato iniziative legislative a partire da giugno e le nuove Commissioni parlamentari si sarebbero costituite solo a settembre.

La presidenza italiana del Consiglio Ue sotto la guida di Matteo Renzi si era prefissata di imprimere una svolta allo scorrere degli eventi per fare uscire l’Europa dalla crisi che non passa e poter guardare finalmente al futuro, favorendo soprattutto il dialogo con i cittadini.

 

Il “trattato di Lisbona” come si sa ha ridimensionato l’importanza del turno di presidenza del Consiglio ma “il semestre” rimane in ogni caso un’occasione di grande visibilità per il governo dello Stato di turno che deve cogliere l’opportunità di porre l’attenzione delle istituzioni UE sulle sue priorità programmatiche.

 

Nella nuova architettura istituzionale europea i turni di presidenza sono raggruppati in triplette di Stati impegnati a presentare un programma comune per i 18 mesi complessivi in cui saranno in carica. Inutile specificare che i gruppi di tre sono scelti in modo da rappresentare gli equilibri geografici dell’Unione mentre il programma comune nasce dalla necessità di assicurare la coerenza nelle politiche del Consiglio durante le diverse presidenze, inserendosi in un programma strategico più ampio di durata triennale che ricomprende quindi sei turni di presidenza.

 

La nostra presidenza é stata la prima del gruppo e seguiranno Lettonia, già in carica e Lussemburgo, mentre all’attuale gruppo nel 2016 succederanno i Paesi Bassi, la Slovacchia e Malta.

 

Le aree d’azione e d’attenzione ai blocchi di partenza andavano quindi dalle politiche economiche all’immigrazione, dalla politica estera all’energia, dall’industria e competitività all’agenda digitale.

 

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Per macro-aree sostanzialmente gli intenti erano questi:

- Nuova Agenda Economica: attuazione di riforme strutturali e realizzazione di investimenti per la crescita e l’occupazione con l’adozione di riforme serie e di ampia portata incoraggiate e sostenute da adeguati incentivi e la previsione di un rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche per massimizzarne le reciproche ricadute positive e sostegno all’attuazione della Strategia per l’occupazione e della Garanzia Giovani.

- Immigrazione e Solidarietà: proseguire gli sforzi per l’ulteriore sviluppo della gestione integrata delle frontiere europee e promozione dell’attuazione del Sistema europeo comune di asilo, lavorare sulla questione del reciproco riconoscimento delle decisioni nazionali in materia di protezione internazionale e promuovere un’effettiva solidarietà realmente europea.

- Unione Europea leader nel mondo: accrescere il ruolo dell’UE come attore chiave sulla scena internazionale, aumentando l’influenza ai confini e in particolare nell’area mediterranea, e promuovendo un approccio globale alle sempre crescenti problematiche in cui l’Alto Rappresentante sia sostenuto nella definizione di una reale politica estera europea efficace.

- Industria, Competitività e Digitale: migliorare la competitività industriale come attività prioritaria della Presidenza per delineare un quadro che comprenda sistematicamente il “Rinascimento Industriale” in tutte le politiche che incidono sulla competitività continentale con un ruolo centrale dato alla definizione di una nuova agenda digitale per l’UE.

- Energia e Clima: quattro priorità (quadro 2030, sicurezza energetica e diversificazione fonti e rotte, completamento mercato interno energia e dimensione esterna politica energetica) con attenzione in tutti i campi, dell’impatto sui prezzi dell’energia e sulla competitività industriale.

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Adesso proviamo a dare invece uno sguardo ai risultati.

Sicuramente si é “portato a casa” qualcosa di importante ma pur sempre insufficiente nel dibattito sull’immigrazione con il rafforzamento dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea – FRONTEX e il superamento dell’Operazione “Mare Nostrum” e il passaggio a “Triton” che coinvolge 17 paesi con un contributo mensile di 3 milioni di euro al mese da parte di FRONTEX: si tratta di un patrimonio da capitalizzare in futuro con ulteriore lavorio diplomatico di persuasione nei confronti degli stati del nord e dell’est.

Anche sull’ambiente i dossier fatti approvare dal Ministro Gianluca Galletti hanno portato a risultati concreti con l’approvazione della direttiva sulla libertà di vietare la coltivazione di OGM; l’intesa sulle norme per l’eliminazione delle buste di plastica monouso; il via libera alla direttiva sui limiti alle emissioni di impianti di combustione di media grandezza. E’ stata inoltre conclusa la ratifica del prolungamento degli accordi di Kyoto sul clima, accordo sul monitoraggio delle emissioni nel settore marittimo, più il rafforzamento del pacchetto sull’Economia circolare (su riduzione rifiuti e obbligo riciclo materiali) che la Commissione voleva ritirare. 

E’ andata male invece sui dossier che ci stavano più a cuore come Sistema Italia, portati avanti dal Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi che ha fallito il dossier “made in” per assicurare un’etichetta di origine dei prodotti non alimentari fabbricati nei paesi terzi; mentre il Ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, non é riuscito a concludere sulla nuova normativa sul biologico e sulle misure a favore dei giovani agricoltori.

Da molti é invece stato giudicato un flop l’impegno italiano sull’agenda digitale, al centro dell’attenzione di Renzi in apertura del semestre con il primo importante evento “Digital Venice. More Digital More Europe”: a fine corsa rimane ancora indietro il progetto “Continente connesso” così come il nostro paese resta agli ultimi posti in classifica per uso di Internet. Anche sul piano culturale non é stato realizzato niente di memorabile e questa é una pecca perché é il nostro vero asset strategico la cultura e il nostro patrimonio.

Dal punto di vista tecnico, la presidenza italiana ha prodotto degli accordi legislativi importanti nel settore ECOFIN (fine del segreto bancario, clausola anti abusi contro la doppia non imposizione fiscale delle imprese multinazionali, accordo su antiriciclaggio) e il Ministro Padoan, grazie anche al suo standing internazionale, ha spinto molto a livello politico sulla priorità per gli investimenti.

Buoni risultati sono stati la conclusione degli accordi commerciali con il Canada e con Singapore e lo slancio che si é tentato di imprimere al negoziato con gli Stati Uniti o quanto meno si é tenuta la fiamma accesa di fronte alle critiche piovute sull’accordo a livello continentale e nazionale.

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Sul lavoro tutto o quasi é affidato alle parole magiche flessibilità e crescita e appunto al “Piano Juncker” che abbiamo già analizzato e che pare entro giugno saranno scelti i progetti come confermato nell’ambito della campagna di promozione del Piano di Investimenti dell’UE dal Vice Presidente Jyrki Katainen, responsabile per l’Occupazione, la Crescita, gli Investimenti e la Competitività, in visita a Roma il 15 gennaio e a Milano il 16 gennaio per una serie di riunioni istituzionali e per incontrare e discutere il Piano con le autorità nazionali, regionali e locali ma anche con i rappresentanti della comunità imprenditoriale, dei sindacati, del mondo universitario e degli studenti, e soprattutto con potenziali investitori.

Il vicepresidente Katainen, citando in particolare le riforme del settore giudiziario e del lavoro ha osservato come la direzione intrapresa dal governo sia quella giusta:

“Le riforme del governo italiano sono importanti e, secondo me, sono tutte riforme giuste che aumenteranno la competitività del Paese. Il Jobs Act, che aiuterà le assunzioni ed é più equo rispetto ai giovani e se attuata rapidamente e in modo efficiente, realizzerà un cambiamento positivo, secondo quanto ci dicono i privati. La riforma del sistema della giustizia civile é l’esempio perfetto di una riforma che avrà certamente un impatto positivo nel creare un ambiente più favorevole all’impresa e che attirerà investimenti sostenibili”. 

Più in generale é stato fatto notare invece da chi naviga i palazzi europei con familiarità come buona parte della squadra di governo ha in più di un’occasione dimostrato d’essere un po’ spaesata a Bruxelles e sono state poche le conferenze stampa effettivamente tenute con i giornalisti.

Un successo - in realtà ancora un po’ altalenante e in continua evoluzione - può essere invece considerata la Comunicazione della Commissione sulla flessibilità nell’ambito del Patto di Stabilità e Crescita, anche questa pubblicata il 13 gennaio.

Le nuove linee guida aprono a “temporanee deviazioni” sui conti per chi é in recessione o ha in programma piani di investimenti mentre non viene rivisto il tetto tra deficit e Pil.

Come hanno fatto notare da Bruxelles, si tratta di un’interpretazione più intelligente e flessibile delle regole e non di nuove regole e così i paesi come l’Italia - che si inquadrano nella procedura “preventiva” del Patto di stabilità e di crescita - possono deviare temporaneamente dai loro obiettivi di medio termine in modo da favorire gli investimenti rispettando, naturalmente, alcune condizioni:

- Recessione o Crescita al di sotto (-1,5%) delle aspettative;
- Mantenimento limite del 3% sul rapporto deficit-Pil;
- Effettivo aumento degli Investimenti;
- Deviazione praticabile sui i progetti cofinanziati UE.

Senza entrare ulteriormente nei dettagli e attendendo i reali “compiti a casa” che ci spettano (apertura inclusa), il dato é che durante il nostro semestre di presidenza é proseguita la difficoltà di far convivere la disciplina fiscale e gli altri pilastri fondamentali per l’Unione e per l’Eurozona ovvero la solidarietà fra gli Stati membri in ragione della loro crescente interdipendenza e la previsione di sufficiente flessibilità nelle politiche europee per non ostacolare la crescita.

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Molte speranze o forse le sole possibili a livello continentale per la ripresa economica sono riposte sul “Piano Juncker” e qualche passo avanti si intravede ad esempio nel fatto che gli apporti dei Paesi membri per il finanziamento del piano godranno come si legge nel documento di una “posizione favorevole della Commissione al momento di valutarne le finanze pubbliche nell’ambito del patto di stabilità e crescita”. Si tratta d’altronde di investimenti decisi in comune per far crescere il mercato unico e la sua competitività ed é più che opportuno che sia così come sarà opportuno realmente “evitare preassegnazioni geografiche” riconoscendo che “le singole regioni hanno necessità diverse per il rilancio degli investimenti”: in linea di principio é importante che questa nuova sensibilità prevalga anche in altri campi a livello europeo .

Concludendo invece sulla nostra performance alla guida europea come dicevamo all’inizio a quanto pare lo schema non cambia neanche in trasferta e a Bruxelles pare che tutti sono ben coscienti della realtà di una “doppia presidenza”, da una parte quella mediatica di Renzi che per questioni interne si é scontrato con l’Europa e dall’altra quella diplomatica guidata dal rappresentante permanente Stefano Sannino chiamato agli straordinari per coprire l’ardore renziano. 

Un altro dato sul quale riflettere é quello emerso nell’ambito di un’ampia indagine sulla politica estera italiana condotta dall’ISPI per via telematica con la quale é stato chiesto a 120 esperti di esprimere un giudizio sul ruolo dell’Italia in Europa e anche qui il giudizio emerso globalmente arriva a stento alla sufficienza.

Le sfide all’Europa non mancano, così come le possibili svolte da entrambi i lati si guardi la medaglia.

I mercati attendono con ottimismo il prossimo giovedì per conoscere nei dettagli dalla Banca Centrale Europea – BCE il lancio di una manovra di espansione monetaria che porterebbe Francoforte a comprare titoli di Stato sul mercato secondario generando nel sistema nuova liquidità. L’obiettivo dell’operazione che segue l’azzeramento dei tassi d’interesse, é quello di spingere la ripresa economica attraverso i consumi e il sostegno ai prezzi.

Domenica 25 gennaio invece si terranno le elezioni in Grecia con la probabile vittoria di Syriza, partito progressista e altreuropeista più che antieuropeista che potrebbe portare alla guida del Paese un governo di coalizione con a capo il suo leader, Alexis Tsipras. I sondaggi fanno paura a Bruxelles e lo spettro greco si aggira per l’Europa portando con se però anche la possibilità e la speranza di poter provare davvero a dare una spinta - partendo da Atene – per far rinascere dalle ceneri dell’austerità e della crisi, una vera Europa solidale e con alla base  i cittadini e i loro diritti e non rigore fiscale e freddi numeri e rapporti oltre a proporre un’alternativa anche antropologica nell’immaginario collettivo continentale.

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Tornando a noi sembrano invece opportune in conclusione le considerazioni di Marco Damilano - acuto osservatore della politica italiana – che nell’analizzare significato (e risultati) del “semestre” tra le mura domestiche, scrive sull’Espresso:

“Più che un semestre di presidenza italiana dell’Unione europea é stato un semestre bianco per la politica nazionale, in cui il Parlamento non poteva essere sciolto e il presidente della Repubblica non si poteva dimettere.”

Atteso con il solito carico di enfasi che grava sugli eventi internazionali con l’Italia protagonista (in arrivo il prossimo: l’Expo 2015), il semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea che sta terminando é destinato a non lasciare tracce di particolare rilevanza nel Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio. Tutto é pronto per voltare pagina. Il prossimo paese presidente di turno, la Lettonia, ha inaugurato il suo semestre a Riga con una pié ce del compositore Eriks Esenvalds, “After the Storm”. “Dopo la tempesta”, ma non é un riferimento al predecessore italiano. Per Renzi, anzi, la bufera deve ancora venire.

Tutto il semestre renziano, in realtà, é stato giocato sulle esigenze domestiche. L’Europa come vincolo per far passare le riforme in Italia: l’eliminazione del Senato elettivo, il Jobs Act sul mercato del lavoro, l’abolizione dell’articolo 18. In questo il governo Renzi ha cambiato pochissimo verso rispetto ai suoi predecessori. “L’Europa ce lo chiede”, é il refrain di tutti i governanti italiani da Maastricht in poi.”

Le solite situazioni (e soluzioni) gattopardesche?

 

Il tempo é l’unico gentiluomo e darà le sue risposte al momento opportuno, nel frattempo “the show must go on” a Roma e a Bruxelles e la prossima tappa sarà Milano.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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