Il made in italy farmaceutico va a gonfie vele, nonostante gli anni della crisi e nonostante varie battute d’arresto subite da diversi settori e Paesi.

In Europa siamo terzi nel comparto e undicesimi a livello mondiale. In realtà in valore assoluto di produzione l’Italia é seconda solo alla Germania, mentre é prima per produzione procapite. L’industria farmaceutica é leader in Italia per investimenti in ricerca e sviluppo e molto spesso si dimentica che anche la farmaceutica costituisce un patrimonio manifatturiero che non possiamo perdere. Solo per evidenziare qualche numero:

174 fabbriche

62.300 addetti e altri 64.000 nell’indotto

5.950 addetti alla ricerca e sviluppo

28 miliardi di euro di produzione, il 71% destinato all’export                                    

2,3 miliardi di euro di investimenti, dei quali 1,2 in R&S e 1,1 in produzione

+64% la crescita dell’export negli ultimi cinque anni rispetto al +7% della media manifatturiera.

(dati da farmindustria “Valore dell’Industria Farmaceutica” ed 2013).

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L’Italia ha tutte le caratteristiche per diventare l’hub farmaceutico d’Europa, grazie a politiche che la rendano attrattiva per gli investimenti delle imprese. È un’industria altamente competitiva, che ha permesso non solo di resistere alla crisi ma di vincere sui mercati esteri. Dal 2008 al 2013 il settore ha fatto un vero e proprio balzo, entrando di fatto tra i primi posti nell’indice di specializzazione dell’export manifatturiero. È un indice che rapporta le quote di mercato mondiale dell’Italia nel settore e nella media manifattura.

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Dunque tre sono essenzialmente i fattori su cui la farmaceutica si regge: competitività, produttività, intensità in R&S. E, grazie a questo mix perfetto, le imprese farmaceutiche registrano una più bassa mortalità tra le imprese. 4,6% nel 2013, contro l’8,6% dell’industria di prodotti per la casa, l’8,1% dell’abbigliamento e l’8% dell’auto, ad esempio.

Ma diamo uno sguardo alla presenza dell’industria farmaceutica in Italia. La Lombardia si classifica prima tra tutte le regioni, con metà circa di addetti, produzione e ricerca sul totale nazionale. Vi sono più di 100 aziende, oltre 30 centri di ricerca e 100 imprese nelle biotecnologie. Conta 28 mila addetti diretti e 14 mila nell’indotto. Il Lazio é il secondo polo per importanza come numero di addetti ma al primo posto per export. Vi lavorano 14 mila addetti, più 7 mila nell’indotto. L’export di questo settore conta per il 42% sul totale della Regione. La terza regione con 6 mila addetti e circa 4 mila nell’indotto é la Toscana. Seguono altre regioni comunque attive e con un ruolo importante come l’Emilia Romagna, il Veneto, il Piemonte.

Per i prossimi anni ci si aspetta comunque un ritmo alla pari degli ultimi, anche se, tale crescita si é leggermente spostata verso altri Paesi. Se nel 2007 il mercato farmaceutico mondiale era così diviso: 21% del totale ai BRIC mentre alla UE spettava il 25% (11% al Giappone e alla Corea del Sud e 42% al Nord America), nel 2017 ben il 39% sarà appannaggio delle economie emergenti che lasceranno alle economie avanzate solo il 18% (10% al Giappone e alla Corea e 33% al Nord America).

La farmaceutica é di sicuro un settore che ha saputo puntare bene sull’export per creare valore aggiunto e che può trainare il Paese nella sua lenta ripresa, ma da solo non basta. Occorre migliorare il quadro della domanda interna. Gli investimenti dipendono soprattutto dalla qualità del nostro sistema interno, ovvero un mercato stabile e con regole chiare, attrattivo per attività innovative. In mancanza di ciò e soprattutto in presenza di iter burocratici piuttosto complessi anche il settore più dinamico fatica a sostenersi da solo.

 

Che un nuovo slancio abbia inizio!

 

Fonte: elaborazione a cura di Exportiamo, di Francesca D’Agostino, redazione@exportiamo.it

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