Nel mondo si registra una rapida e continua crescita di tutti i prodotti islamici (o halal), dal cibo alla finanza. Il termine halal significa «lecito», si riferisce soprattutto al cibo ma non solo preparato in modo conforme ai precetti della legge islamica. In arabo, la parola intende tutto ciò che é permesso secondo l’Islam, in contrasto a ciò che é har?m, «proibito».

Sembra strano parlarne proprio oggi, quando sulle prime pagine di tutti i quotidiani del Globo l’aggettivo islamico viene associato al termine Stato ovvero ISIS (o se si preferisce all’anglosassone ISIL). L’esercito di ribelli capeggiato Al Baghdadi - che ha conquistato ad oggi un’area incredibilmente vasta, si é accattivato il popolo locale ed assicurato un’autonomia economica – fa tremare il mondo.  

Ma sebbene non siamo - ad oggi - in grado di prevedere una fine delle ostilità ed un assestamento politico in Medio Oriente, possiamo affermare – indipendentemente dall’esito della vicenda – che Occidente e Islam sono destinati ad intrecciare sempre più le loro economie, o che per lo meno i consumatori musulmani stanno diventando sempre più importanti per le nostre aziende.

 

A dimostrazione di quanto appena detto basti pensare a quanto emerso dal rapporto sullo Stato dell’Economia Islamica Globale (State of the Global Islamic Economy Report), realizzato dal Dubai Islamic Economic Development Center (DIEDC) in partnership con Thompson Reuters e con la collaborazione di Dinar Standard. 
Dal report – che ha preso in analisi lo sviluppo e la crescita dell’economia islamica in 70 Paesi in particolare per quanto concerne cibo halal, finanza islamica, turismo, moda, media e intrattenimento, settore farmaceutico e cosmesi – si evince che il consumo globale dei consumatori di fede islamica é cresciuto del 9,5% nel 2013 rispetto l’anno precedente, e le previsioni annunciano che raggiungerà i 3,7 trilioni di dollari entro il 2019.

 

Tra i settori che maggiormente interessano i produttori italiani vediamo in dettaglio i dati che riguardano il fashion ed il food. Il mercato dell’abbigliamento e della moda é aumentato dell’11,9% raggiungendo i 266 miliardi di dollari nel 2013 e l’Italia vanta un posto sul podio dei migliori e più importanti fornitori. Mentre il mercato del cibo e delle bevande é incrementato del 10% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra di 1,3 trilioni di dollari nel 2013 (quasi il 20% del consumo globale, che ammonta a 7.302 miliardi di dollari) qui però l’Italia non sembra essere competitiva, causa probabilmente anche la nostra scarsa capacità di approcciarci al mercato con prodotti certificati halal come da richiesta dei consumatori musulmani (per saperne di più vedi Promozione della Certificazione Agroalimentare del Made in Italy del MISE). 
Altro interessantissimo comparto in rapida ascesa é quello della finanza islamica. Il settore bancario islamico, infatti, continua a registrare un aumento del 50% più veloce del settore bancario tradizionale e gli asset totali hanno raggiunto i 4,2 trilioni di dollari a fine 2014.

 

Certo fino a che si parla di possibili clienti i produttori italiani sono attenti ma quando si parla di finanza islamica (ovvero qualcosa che secondo l’opinione comune può interessare al massimo qualche broker) l’attenzione cala. In realtà é qualcosa di molto tangibile ed é fondamentale da conoscere per chiunque si relazioni con una controparte di fede islamica. Per essere pratici: lo sapevate che non é consentito vendere con lettera di credito confermata in Arabia Saudita? Secondo i loro principi, infatti, non é pensabile che una banca italiana possa garantire per una islamica. O che per le leggi shariatiche non esistono penali per il pagamento ritardato ma é imperativo pagare/restituire il prestito al momento concordato? Perché: “Se un uomo ricco ritarda a ripagare i propri debiti commette cosa ingiusta”. O sapete cosa s’intende per contratto Istisna’? E’ un classico contratto di fornitura che prevede l’obbligo morale del fornitore di produrre esattamente quanto concordato in sede contrattuale ed impone all’acquirente di non recedere mai a lavori già iniziati.

Come dichiarato dal Prof. Paolo Biancone dell’Università degli Studi di Torino in un’intervista al magazine online La Finanza Islamica: “Conoscere la finanza islamica é un presupposto fondamentale per essere competitivi e produttori di ricchezza”.

 

Considerando ciò, se si desidera approcciare uno dei 70 Paesi in cui é presente la Finanza Islamica é meglio essere preparati. Per questo motivo noi di Exportiamo vi consigliamo di consultare quante più fonti d’informazioni possibili (quali il magazine online La Finanza Islamica precedentemente citato) e vi segnaliamo il Corso Executive di finanza islamica organizzato da NIBI – Nuovo Istituto di Business Internazionale – che partirà il prossimo 26 febbraio. 

Fonte: a cura di Exportiamo redazione@exportiamo.it

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