La grande distribuzione organizzata (GDO) rappresenta la principale modalità di commercializzazione dei prodotti di largo consumo in ragione del forte radicamento sul territorio e dall’essere dedicata all’acquisto abitudinario.

 

La GDO e lo sviluppo sempre più prorompente dei canali E-commerce sono oggi una parte importante del mercato retail e la sfida fondamentale per crescere sui mercati internazionali passa certamente attraverso questi canali di vendita.

 

Per il nostro paese la sfida é doppia perché tra i maggiori ostacoli alla penetrazione sistematica dei mercati esteri per le nostre produzioni di qualità va certamente menzionata la limitata e difficoltosa presenza nella GDO, storica parte mancante della filiera nel nostro Paese per scelte mancate o sbagliate in passato al momento opportuno.

 

GDO e E-commerce sono stati i temi al centro - ieri presso la sala della Protomoteca in Campidoglio - anche del XIV Forum Annuale del Comitato Leonardo, un appuntamento atteso e importante per riflettere sulla dimensione internazionale del “made in Italy” e sulle prospettive di sviluppo da cogliere.

 

Il Comitato Leonardo associa 158 personalità tra imprenditori, artisti, scienziati e uomini di cultura, desiderosi di condividere l’obiettivo di valorizzazione dell’Italia e della sua originalità attraverso la realizzazione di eventi di alto profilo culturale ed economico, collaborando con tutti gli Organi Istituzionali preposti alla promozione delle aziende italiane all’estero e alla loro internazionalizzazione e ne fanno parte le più alte cariche dello Stato tra cui il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro degli Affari Esteri, il Ministro dello Sviluppo Economico e il Ministro per i Beni e le Attività Culturali.

 

Per capire di cosa si parla qualche numero può tornare utile, nel 2014 le aziende associate hanno fatturato complessivamente oltre 317 miliardi di euro, con una quota all’estero del 55 per cento. Un’ulteriore conferma della vocazione internazionale dell’imprenditoria italiana e della capacità di attrazione e aggregazione delle eccellenze del Comitato Leonardo per sua stessa natura e “missione”.

 

Al Forum hanno preso parte, oltre alla Presidente del Comitato Leonardo Luisa Todini, il Vice Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il Presidente dell’Agenzia ICE Riccardo M. Monti, il Presidente del Comitato Tecnico per l’internazionalizzazione e gli investitori esteri di Confindustria Licia Mattioli, mentre la tavola rotonda imprenditoriale é stata animata da Giandomenico Auricchio (AD Gennaro Auricchio), Claudio Marenzi (Presidente Herno e Sistema Moda Italia), Francesco Pugliese (AD Conad) e come presenza internazionale Marco Capello (Founder BlueGem Capital Partners and Chairman Liberty).

 

Quest’anno dunque l’attenzione della ormai tradizionale ricerca realizzata da KPMG Advisoryin collaborazione con l’Ufficio Pianificazione Strategica, Studi e Rete Estera dell’Agenzia ICE, é stata dedicata proprio al tema “Grande distribuzione ed E-commerce in Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna”.

 

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Lo studio é un’analisi dei quattro mercati europei in cui i settori della GDO e dell’E-commerce sono intensamente sviluppati e offre interessanti spunti di riflessione approfonditi durante gli interventi dei diversi relatori.

 

La ricerca partendo da una ricognizione delle realtà locali nei 4 partner/competitor europei, ha evidenziato il fenomeno della concentrazione della GDO in un numero ristretto di top player di natura internazionale sia per il settore “food” che per il settore “non food”.

 

Molti di questi gruppi – a differenza appunto dei nostri mancati campioni – sono stati capaci negli anni di intraprendere importanti e vincenti processi di internazionalizzazione, riuscendo ad affermarsi nei più importanti mercati, pur rimanendo comunque una differenziazione nella struttura e nell’organizzazione nei diversi paesi.

 

Si evidenzia poi come in questi anni di crisi anche questo segmento non sia stato immune ed ha attraversato importanti processi di ristrutturazione aziendale, oltre a vivere da un lato “guerre di prezzo” tra i distributori dettate dal livello di maturità raggiunto dal canale distributivo e dall’altro l’affermarsi di partnership strategiche tra i diversi distributori che in Francia ad esempio hanno sollevato perplessità da parte delle Autorità competenti per la tutela della concorrenza.

 

E’ evidente però come riuscire a diventare fornitori per tali players offrirebbe alle nostre PMI un’enorme visibilità, riuscendo a favorire e facilitare la possibilità di entrare in mercati nuovi e ad alto potenziale per le nostre produzioni di qualità.

 

Lo studio ha inoltre sottolineato come nei quattro mercati in esame la realtà delle vendite complessive nel segmento E-commerce sia ben più sviluppata con un valore nel 2014 di circa 156 miliardi di euro, ovvero oltre l’80% dell’e-commerce europeo.

 

La disintermediazione offerta dal web mette in contatto il produttore direttamente con il consumatore e sono sempre di più le realtà – di diverse dimensioni – che si affidano solo al canale web per le vendite dei propri prodotti, eliminando alcuni (costosi) passaggi della catena del valore.

 

A dominare la scena la Gran Bretagna con 62 miliardi di euro di vendite retail online grazie all’elevata diffusione di internet e della banda larga mobile e all’efficienza del sistema logistico. In Germania il giro di affari é da circa 50 miliardi di euro, in particolare per l’acquisto di capi di abbigliamento, libri ed elettrodomestici per la casa, mentre in Francia la crescita significativa delle vendite al dettaglio online (36,4 miliardi di euro), ha rappresentato in questi ultimi anni anche una leva importante per l’occupazione e anche in Spagna l’E-commerce é stato uno dei pochi settori a sperimentare una crescita a doppia cifra negli ultimi anni con un fatturato complessivo pari a 9,5 miliardi di euro nel 2014 e rosee prospettive di crescita future.

 

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Il settore inoltre ha destato notevole interesse da parte degli investitori e dal consolidamento di alleanze strategiche per espandersi sui mercati internazionali o per colmare ritardi strutturali e al centro di questa sfida c’é l’aspetto della logistica.

 

Andando a noi, la ricerca vuole far comprendere il potenziale inesplorato da parte di quello che rimane, nonostante la crisi, il secondo paese manifatturiero in Europa e al quinto posto per surplus manifatturiero tra i paesi G20 e infatti in questi duri anni l’export non é arretrato, anzi ha rappresentato il contrappeso alla crisi dei consumi interni.

 

Per sfruttare appieno le opportunità le nostre aziende dovranno essere capaci di intercettare la domanda di consumatori sempre più evoluti attratti dalla qualità, dall’innovazione, dal design e dall’unicità di quel “Luogo Comune Straordinario” che é l’Italia, così come viene definita nel cliccatissimo video presentato a inizio anno a Davos.

 

E’ indubbio però come soprattutto nella GDO sia fondamentale la puntualità negli ordini, la coerenza nelle forniture, la certezza nelle quantità e dei tempi di consegna e per capire meglio appare utile anche una distinzione tra il comparto “non food” e quello del “food” perché spesso canali ed interlocutori sono diversi.

 

Per il primo, soprattutto per quanto riguarda i prodotti di fascia medio-alta, il canale preferenziale si conferma quello della GDO, sia pure con le difficoltà ed i limiti che sono insiti nelle dimensioni aziendali e nelle politiche dei grandi gruppi con cui si trovano ad interloquire. Più complessa appare invece la strada dell’E-commerce, con i prodotti italiani che spesso si trovano in forte debito di competitività.

 

Per quanto riguarda il comparto “food”, le grandi catene di supermercati appaiono il veicolo distributivo migliore anche se una delle principali criticità é rappresentata dalle abitudini dei singoli paesi: in Spagna ed in Francia, ad esempio, la domanda di prodotti alimentari e vini italiani é modesta, rispetto alle dimensioni dei mercati, mentre negli altri paesi viene spesso privilegiato l’uso delle “private label”, con una forte perdita dell’identità di brand. Rimangono comunque interessanti le nicchie di mercato sensibili alla qualità del cibo e all’appeal del made in Italy, con ottime prospettive per gli esportatori di “specialità”. Nell’e-commerce le possibilità rimangono buone soprattutto per i prodotti brandizzati e di consolidata notorietà internazionale, mentre risultano penalizzati i prodotti freschi.

 

Anche le aziende devono essere capaci – oltre a garantire qualità e unicità dei loro prodotti – di investire in azioni di comunicazione, fiere ed eventi in loco e intervenire sul posizionamento del brand, evidenziando fattori di distinzione e differenziazione dei prodotti, rispetto ai competitor.

 

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E’ evidente però anche come in questo quadro chi soffre di più sono i produttori di fascia intermedia, per la mancanza di player italiani della grande distribuzione e dell’E-commerce attivi in continuità anche all’estero.

 

Creare dal nulla o quasi il campione nazionale é oggi impossibile e lo stesso Governo considerando la portata della posta in gioco ha ritenuto strategico - tra le misure previste dal “Piano Straordinario per il Rilancio Internazionale dell’Italia” su mercati vecchi e nuovi - fornire un supporto alle nostre aziende attraverso la stipula di Accordi con le più importanti catene globali per l’organizzazione di campagne promozionali “in store” e favorire il contatto tra gli Uffici acquisti e nuovi fornitori attraverso visite aziendali e organizzazione di incontri.

 

Il Vice Ministro Calenda ha proprio ribadito l’impegno del governo in questa direzione  e di come - per forza di cose – le azioni a sostegno delle imprese sui mercati internazionali siano al centro dell’azione di governo:

 

Il Governo ha fatto dell’aumento dell’export e delle capacità di esportare delle nostre imprese un obiettivo prioritario. Il netto incremento delle esportazioni italiane sui mercati internazionali (intra ed extra-UE) del più 4,1 per cento nei primi cinque mesi dell’anno (pari – in termini assoluti – a 6,6 miliardi di euro di introiti aggiuntivi), dimostra che la quota parte dell’Italia negli scambi commerciali é già in deciso aumento. Questo é solo il primo risultato delle azioni messe in campo dall’esecutivo e del lavoro di squadra tra le imprese italiane, le loro associazioni e le Istituzioni.

 

I nostri obiettivi sono però ancor più ambiziosi: sul mercato mondiale si stanno affacciando 800 milioni di nuovi consumatori in cerca di prodotti con un forte contenuto di qualità. E’ un’opportunità che dobbiamo cogliere, innovando profondamente il supporto governativo all’internazionalizzazione delle nostre imprese. Il piano straordinario per il made in Italy prevede, tra le altre cose, un’azione relativa al potenziamento degli strumenti di e-commerce per le PMI, per favorirne l’accesso al mercato e alle piattaforme digitali e una serie di accordi con le più importanti catene della grande distribuzione all’estero per inserire a scaffale un maggior numero di prodotti italiani, in particolare marchi di qualità appartenenti ad aziende di piccole dimensioni”.

 

Insomma lo sforzo interessa tutti gli attori in campo e l’impegno delle nostre aziende deve concentrarsi innanzitutto nel garantire la qualità delle proprie produzioni.

Per vincere la sfida bisogna essere capaci di prevedere e intercettare le tendenze e di ricercare e presidiare le giuste nicchie di consumatori disposti a spendere per avere la qualità e spesso italianità, per fortuna, rimane ancora sinonimo di qualità, per questo motivo senza alcun timore reverenziale ma con idee e strategie puntuali e mirate, il bersaglio é alla portata e come dimostra anche lo studio le frecce per colpirlo non mancano.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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