Puntualmente si rinnova l’appuntamento con il “Doing Business” la pubblicazione di punta del Gruppo Banca Mondiale giunta alla XIII^ edizione e dedicata in questo 2015 al tema “Measuring Regulatory Quality and Efficiency”.

Il rapporto attraverso indicatori quantitativi sulle normative commerciali, la tutela dei diritti di proprietà e le norme introdotte che aumentano l’attività di business e quelle che lo vincolano, rende confrontabili le 189 economie del mondo.

Ad essere prese in esame sono 11 aree della vita di un’impresa e ad esclusione della regolazione del mercato del lavoro, misurato dal rapporto ma non inserito nella classifica, sono presi in esame, con dati aggiornati al 1° giugno 2015, le seguenti tematiche: far partire un’azienda; richiedere i permessi di costruzione; ottenere l’elettricità; registrare un atto di proprietà; ottenere finanziamenti; proteggere gli azionisti di minoranza; pagare le tasse; far applicare i contratti; commerciare attraverso le frontiere; risoluzione delle insolvenze.

Gli indicatori sono utilizzati per analizzare i risultati economici e identificare quali riforme della regolamentazione del clima degli affari ha avuto successo, dove e perché. La misurazione della qualità normativa e della sua efficienza dimostra come nell’ultimo anno gli imprenditori in 122 economie hanno visto miglioramenti nel loro quadro normativo locale e tra giugno 2014 e giugno 2015 si contano ben 231 riforme commerciali.

Tra le riforme per ridurre la complessità dei costi ed i processi normativi, le più comuni hanno interessato i tempi di avvio di un’impresa, seguite da interventi in materia di pagamento di tributi e imposte, energia elettrica e registrazione della proprietà.

Costa Rica, Uganda, Kenya, Cipro, Mauritania, Uzbekistan, Kazakhstan, Giamaica, Senegal e Benin sono tra le economie che hanno migliorato maggiormente la loro situazione interna nel periodo in esame, implementando globalmente 39 riforme regolamentari per rendere più facile fare affari.

La regione dell’Africa sub-sahariana da sola rappresenta circa il 30% delle riforme normative, seguita da vicino da Europa e Asia centrale.

All’interno del continente africano, i Paesi membri dell’Organizzazione per l’armonizzazione del diritto commerciale in Africa (OHADA) - sono stati particolarmente attivi e 14 delle 17 economie (Benin, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centrafricana, Comore, Congo, Gabon, Guinea, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Mali, Niger, Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Chad e Togo) hanno attuato 29 riforme regolamentari, 24 delle quali legate alla riduzione della complessità dei costi dei processi normativi e le rimanenti legate al rafforzamento delle istituzioni legali.

Come ha dichiarato il capo economista della Banca Mondiale, Kaushik Basu:

“Un’economia moderna non può funzionare senza regole, ma allo stesso tempo non può essere appesantita da una regolamentazione debole e difficile”.

I dati dimostrano come nel 2003 nel mondo erano necessari in media 51 giorni per avviare una nuova impresa, mentre oggi i tempi si sono più che dimezzati e in media ci vogliono solo 20 giorni. Un contributo fondamentale è rappresentato naturalmente dall’avvento della rete che ha favorito e rivoluzionato il dialogo fra impresa e istituzioni.

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Nella classifica generale - come nell’ultima edizione - la medaglia d’oro va a Singapore (1) e quella d’argento alla Nuova Zelanda (2) mentre la medaglia di bronzo la conquista la “new entry” Danimarca (3) che guadagna una posizione rispetto al 2014 scalzando dal gradino più basso del podio Hong Kong (5) che ne perde invece due.

Gli Stati Uniti (7) mantengono la posizione dell’anno precedente e seguono anche Corea del Sud (4) e Regno Unito (6) mentre precedono la Svezia (8) che guadagna ben tre posizioni.

Primo paese appartenente all’eurozona in classifica è la Finlandia (10) che chiude la Top Ten perdendo una posizione rispetto allo scorso anno così come Germania (15) e Portogallo (23). In maniera più marcata il fenomeno interessa la Svizzera (26) che perde ben sei posizioni o Irlanda (17) e Francia (27) che ne perdono quattro, mentre rimane stabile la Spagna (33) e - pur rimanendo molto distaccata - risale una posizione la Grecia (60).

A fare notizia questa volta è stata proprio la performance dell’Italia (45) capace in un anno - di risalire ben undici posizioni - perché come spiega nel rapporto la stessa Banca Mondiale:

“l’Italia ha adottato una nuova legislazione per semplificare la ridondanza delle leggi e per incoraggiare la conciliazione extra-giudiziale riducendo il tempo e i costi per risolvere dispute sul lavoro” e prosegue facendo riferimento ai tribunali che oggi sono “più efficienti con l’introduzione del sistema elettronico. Di conseguenza, i querelanti possono registrare elettronicamente i loro reclami e oltre ad accelerare i tempi, il sistema elettronico nei tribunali aumenta anche la trasparenza, limita le possibilità di corruzione e previene la perdita, la distruzione o l’occultamento degli atti”

Viene inoltre citata anche l’adozione del Jobs Act del dicembre scorso che: “fornisce un framework omnicomprensivo per cambiamenti nei contratti di assunzione, nella maternità e paternità e nei sussidi di disoccupazione”

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In Italia nel 2013 ci sono voluti in media 1.210 giorni per risolvere dispute commerciali, tempi tre volte più lunghi rispetto ai partner/competitor europei come Germania e Regno Unito, secondo la Banca Mondiale questa inefficienza è tra le cause del sottodimensionamento delle aziende in Italia, il 40% più piccole in media rispetto a quelle di altri Paesi europei.

Il risultato positivo per il nostro Paese quest’anno è dovuto soprattutto al miglioramento delle performance di commercio con l’estero (in cui l’Italia è passata dalla posizione 37, in cima alla lista), allaccio alla rete elettrica (da 102 a 59), permessi per costruire (da 116 a 86) e accesso al credito (da 147 a 111).

Inutile sottolineare come resta però ancora molto lavoro da fare per colmare il gap rispetto alla Top Ten e anche rispetto agli stessi membri del G7, con il nostro Paese ultimo tra i dignitari del club, soprattutto per quanto riguarda fisco e efficacia dei contratti, due voci nelle quali l’Italia è saldamente e storicamente in fondo alla classifica.

Bisogna anche sottolineare però come l’Italia prosegue nella risalita iniziata nel 2013 con il passaggio dalla posizione 87 alla 73, insomma il trend prosegue e soprattutto non si inverte e come ha affermato il Vice Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda:

“I dati rappresentano un ottimo risultato per il nostro Paese. Abbiamo dunque intrapreso la strada giusta. Occorre continuare a lavorare in questa direzione con l’obiettivo di arrivare tra le prime venti posizioni al mondo”.

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Più in generale dal rapporto di quest’anno emerge come i Paesi in via di sviluppo hanno accelerato il passo con l’attuazione delle riforme economiche e 85 paesi hanno attuato 169 riforme, un dato decisamente in crescita rispetto allo scorso anno.

Andando a noi certamente bisogna essere fieri dei passi in avanti così come accogliere con ottimismo i dati delle ultime rivelazioni ISTAT sulla fiducia di imprese e consumatori tornate a livelli pre-crisi, ma non bisogna abbassare la guardia anche perché nella sottograduatoria dei Paesi appartenenti all’area Euro, l’Italia - come abbiamo visto anche lo scorso anno - si posiziona solo in fondo alla classifica precedendo solo Cipro (47), Grecia (60), Lussemburgo (61) dove però gli affari sono di altra natura e Malta (80).

Insomma il passo dalle stelle alle stalle nel mondo iper-veloce e iper-competitivo che viviamo, è breve e di questo bisogna averne sempre coscienza.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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