La decisione annunciata lo scorso 30 novembre dal consiglio esecutivo del Fondo Monetario Internazionale (FMI) - organo che riunisce i rappresentanti dei Paesi membri - è storica ed arriva dopo anni di attesa e dopo la bocciatura subita nel 2010, anno dell’ultimo esame svolto in merito all’inclusione di nuove valute nel paniere.

Il renminbi o yuan insieme a dollaro, euro, yen e sterlina entra dunque tra le componenti dei diritti speciali di prelievo, la valuta di riserva dello stesso FMI.

L’entrata della valuta cinese nel paniere del mondo avrà effetto dal 1° ottobre 2016 e rappresenta un riconoscimento del ruolo strategico della Cina negli scambi internazionali e del fatto che rappresenti uno degli interlocutori principali nello scacchiere mondiale.

Negli ultimi mesi le forti instabilità economiche che hanno interessato l’intero Paese hanno avuto conseguenze più o meno rilevanti sui mercati internazionali e c’è chi vede nella decisione di promuovere lo yuan anche un fine precauzionale, dovendo in teoria rendere meno probabili decisioni unilaterali capaci di provocare un effetto tsunami sul resto del mondo da parte del gigante cinese.

Esiste poi una ragione politica più generale rappresentata dal fatto che ormai l’economia cinese è la seconda su scala globale, ma risulta ancora nettamente sottorappresentata nel capitale FMI, in quanto l’aggiustamento delle quote, approvato nel 2010 che riconosce un peso maggiore oltre che a Pechino anche ad altri emergenti non è stato ancora approvato dagli Stati Uniti che hanno potere di veto.

In questo contesto la rappresentatività dell’istituzione di Washington DC risulta anacronistica, questo nuovo riconoscimento ufficiale del ruolo della Repubblica Popolare per gli equilibri globali rappresenta anche un’ulteriore approvazione della storia, in senso più metafisico.

La strategia messa in campo per sopperire ad un’intrinseca carenza di materie prime è chiara e mira a diversificarne l’approvigionamento ed al contempo a sviluppare nuovi mercati per i propri prodotti. Alla base di ciò vi è un’intensa e proattiva promozione della cooperazione commerciale.

Da questo punto di vista il Continente africano rappresenta certamente un obiettivo strategico di assoluto rilievo e i legami con la moltitudine rappresentata dagli stati africani sono in continua crescita anche in ragione dell’esistenza di fori di confronto e dialogo che facilitano il dialogo politico, economico e culturale.

Nei prossimi giorni (4-5 dicembre) a Johannesburg si apriranno i lavori del VI^ Forum sulla Cooperazione Sino-Africana (FOCAC) con la partecipazione di quasi la totalità degli stati africani (52).

Il FOCAC, con cadenza triennale a partire dal 2000, è un meccanismo di dialogo tra la Cina e i paesi africani nel quadro della cooperazione sud-sud e, in questo 2015 per la prima volta a Johannesburg, il summit è ospitato nel continente africano.

Tra gli ospiti più attesi naturalmente il premier cinese Xi Jinping, la cui visita in Africa è stata definita dal Vice Ministro degli Esteri cinese, Zhang Ming come la “visita diplomatica di livello più alto, sull’ambito più ampio e del grado più importante, e sarà anche la sua ultima visita 2015. La partecipazione al Summit di Johannesburg, sarà una pietra miliare per il miglioramento del rapporto di cooperazione sino-africano e l’approfondimento dell’amicizia tradizionale che unisce la Cina al continente africano.”

Al centro della discussione, dopo gli attacchi terroristici verificatisi in Mali lo scorso novembre che hanno causato circa 30 morti tra cui 3 cittadini cinesi, ci sarà la stabilità politica, la pace e la sicurezza tra i Paesi africani.

A livello economico e strategico invece la Cina ha ingenti interessi in Africa e punta a consolidare la collaborazione soprattutto nell’approvviggionamento (diversificato) di energia e questo peculiar interesse per l’Africa si spiega, proprio in ragione della vastità dei territori, dalla ricchezza di risorse naturali e dall’enorme potenziale di sviluppo del Continente.

Sono oltre 3.000 le imprese cinesi che operano in Africa e il commercio ha superato i 220 miliardi di dollari nel 2014, una cifra 22 volte superiore a quella del 2000, anno di lancio del FOCAC, mentre gli investimenti cinesi in Africa superano ormai i 230 miliardi di dollari, 60 volte in più rispetto al 2000.

In questi anni è stato lo stesso Forum a contribuire al rafforzamento della partnership sino-africana favorendo lo sviluppo di aree di mercato ancora inesplorate e un livello sempre maggiore di comprensione e collaborazione anche al di fuori dell’ambito strettamente commerciale. Quest’anno con la promozione del FMI in tasca e l’ingresso della valuta cinese nel mondo delle riserve mondiali, la Cina sempre di più si presenta come partner sempre più credibile per lo sviluppo dei paesi africani.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Annarita Summo, redazione@exportiamo.it

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