Lo scorso 26 novembre durante la seduta del Parlamento Europeo a Strasburgo, il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker ha orgogliosamente presentato il suo “Piano di Investimenti per l’Europa” ricordando la promessa fatta al momento del suo insediamento:

 

“Ho affrontato quest’aula poco più di un mese fa e ho promesso di presentare un ambizioso piano di investimenti prima di Natale. Un mese più tardi il Natale é arrivato in anticipo e sono qui per far fede alla mia promessa.

E mi presento in Parlamento, perché é lì che le cose importanti dovrebbero accadere.”

Il progetto definito dallo stesso Juncker “ambizioso, ma realistico” deve rappresentare il terzo lato di un “triangolo virtuoso” che si completa con le riforme strutturali e il recupero della credibilità fiscale europea in questi anni di crisi e austerità.

I dati sugli investimenti sono allarmanti e dal 2007 (anno del picco degli investimenti in Europa) ad oggi si é assistito a un calo notevole e preoccupante degli investimenti in Europa (-15%).

Ancora oggi il “Vecchio Continente” non riesce ad essere attrattivo e proprio per questo motivo -  mentre incombe lo spettro della “deflazione” per governati e governanti che potrebbe mandare in fumo gli stessi sacrifici di questi anni - secondo Juncker:

“Abbiamo bisogno di mandare un messaggio ai cittadini europei e al resto del mondo: l’Europa é tornata in attività. Questo non é il momento per guardare indietro. L’investimento é per il futuro.”

La Commissione individua nell’organicità della proposta il suo carattere innovativo che si pone i seguenti obiettivi:

- Massimizzazione impatto risorse pubbliche e favorire dispiegamento risorse private.

- Realizzazione iniziative concrete, mirate e nell’interesse dell’economia reale.

- Migliorare il clima del Business in Europa.

Nel concreto per quanto riguarda la dotazione finanziaria del “Piano Juncker” questa non deriverà da nuove risorse ma sarà recuperata attraverso “partite di giro” all’interno dei bilanci dell’Unione Europea e della Banca Europea degli InvestimentiBEI.

I soldi “veri” a disposizione in realtà non sono molti, 21 miliardi di euro e di questi 8 li metterà la Commissione Europea (16 in termini di garanzie) e 5 la BEI che potrà provare a reperire sul mercato fino a 63 miliardi: sarà questa la base finanziaria che il neonato “Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici” cercherà di attrarre investimenti privati per altri 252 miliardi di euro.

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Il ruolo della Commissione sarà di coordinare e monitorare le iniziative intraprese, inoltre per aumentare l’attrattività del “Sistema Europa” bisognerà garantire la continuità del processo di riforma strutturale che attraversa gli Stati Membri.

Il Piano dispiegherà appieno i suoi effetti solo se continuerà la riforma del tessuto produttivo europeo e il continuo processo di apertura e liberalizzazione dei mercati protetti così da poter creare nuova domanda e riuscire a “liberare” nuove risorse e nuovi capitali.

Nella stima della Commissione – basata sui dati dell’esperienza e su una visione forse un po’ troppo ottimistica – ogni euro pubblico investito genererà 15 euro di investimenti totali.

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Il team di Juncker é convinto della bontà e della necessità delle misure proposte e in un momento in cui l’Europa subisce sempre più critiche (in primis dal nostro Premier) e sul piano personale - quasi contemporaneamente all’inizio del suo incarico - ha dovuto scacciare le ombre degli scandali scoperti in Lussemburgo; afferma senza mezzi termini nel suo appello all’Assemblea l’ineluttabilità del successo europeo se si saprà remare tutti nella stessa direzione:

“Sì, l’Europa può ancora diventare l’epicentro di una grande unità di investimento. Sì, l’Europa può crescere di nuovo. Sì, il modello sociale europeo soppravvive.

Ora che stiamo andando nella giusta direzione, non sarà più possibile tornare indietro.”

Ad emergere sullo sfondo é una nuova dialettica tra le istituzioni europee che si sposta sul versante squisitamente politico a differenza del passato, quando le decisioni prese e raggiunte grazie al consenso politico venivano “spacciate” per misure tecniche in grado di autolegittimare anche la struttura “tecnocratica” a supporto.

Con l’emergere di una Commissione sempre più politica aumenta il livello di dissenso e di critica nei confronti dell’Europa alla quale l’esecutivo continentale deve rispondere passo dopo passo cercando di adottare soluzioni in grado di essere maggioritarie.

La presentazione del “Piano Juncker” é in buona parte figlio di questa dinamica, senza dimenticare però che in estate la “condicio sine qua non” alla sua nomina era stata proprio la promessa politica di dare un nuovo impulso all’economia continentale attraverso la messa a sistema di ingenti risorse.

Da più parti sono state sollevate critiche rispetto alla credibilità e alle effettive capacità del piano ma un dato é certo: l’iniezione di risorse nell’economia continentale é un primo tassello per favorire la ripresa economica.

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Probabilmente per rendere ancora più efficace il piano, gli interventi dovranno essere asimmetrici e non proporzionali, favorendo un impegno maggiore nei confronti degli Stati più colpiti dalla crisi.

In attesa del giudizio del Consiglio Europeo del 18-19 dicembre, un ulteriore elemento di novità e flessibilità introdotto é la facoltà per i governi nazionali di alimentare il fondo con ulteriori capitali che non verranno conteggiati nel rapporto Deficit/PIL, naturalmente i soldi saranno raccolti nel Fondo e conseguentemente non c’é un ritorno diretto assicurato.

Nelle Raccomandazioni specifiche per il nostro Paese la Commissione indica alcuni passaggi fondamentali per ridare competitività ad un Paese che investe la metà della media europea in Ricerca & Sviluppo (0.69% del PIL) e si ritrova, di conseguenza, un tessuto produttivo con una manifattura che si dedica a produzioni a contenuto tecnologico medio/basso, subendo una spietata concorrenza sui prezzi.

Gli investimenti dovranno favorire un miglioramento del clima di business in generale che passa dalla sburocratizzazione, dal miglioramento del sistema scolastico, da una spesa pubblica più oculata e tesa al risultato e più in generale dall’innescare un circolo virtuoso in grado di garantire di nuovo crescita e occupazione.

Per quanto riguarda le “solite” raccomandazioni al “Sistema Italia” sono sempre le stesse da decenni ormai, perché per decenni é mancata una capacità e una volontà riformatrice.

Più in generale sarà necessario proporre progetti di reale portata strategica e non azioni frammentarie e disorganiche - come fatto finora - e soprattutto potenziare la nostra capacità progettuale e la nostra capacità di spesa.

Tra le critiche più aspre in Italia al “Piano Juncker”, vi é quella dell’economista di fama mondiale, Tito Boeri che su lavoce.info ha severamente bocciato il piano ricordando a Juncker le peculiarità economiche e di rendimento degli Investimenti pubblici:

“Gli investimenti pubblici, a differenza di quelli privati, tipicamente hanno rendimenti sociali elevati e sono non troppo redditizi sul piano privato. Altrimenti questi investimenti verrebbero fatti da operatori privati e non ci sarebbe alcun bisogno di Juncker e del suo fondo strategico. Ma Juncker, si sa, ha una forte somiglianza con Severus Piton, il mago ambiguo di Hogwarts. A lui può riuscire di tutto. Pensando a lui, forse Archimede direbbe: datemi un’anatra d’appoggio e vi solleverò il mondo, pardon l’Europa.”

Juncker tira dritto e l’ambizione é quella di rendere operativo il progetto entro giugno 2015 dopo la raccolta delle proposte progettuali da parte degli stati membri e aver concluso gli iter di approvazione.

A quanto pare per Natale occorrerà attendere come sempre il 25 dicembre…

 

Per il Presidente Juncker invece l’incognita rimane: la Befana porterà in regalo dolci e soddisfazioni o carbone e delusioni? 

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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