L’Argentina è probabilmente il Paese al mondo culturamente più simile all’Italia ma le relazioni economiche fra Roma e Buenos Aires non sono (ancora?) così intense anche a causa di una serie di misure protezionistiche adottate nel Paese a partire dal 2010 ma che il nuovo Presidente Macri ha iniziato ad attenuare in maniera significativa. Partendo dal forte apprezzamento dei consumatori argentini nei confronti delle produzioni Made in Italy c’è sicuramente un ampio margine per migliorare le performance del nostro export, fermo oggi a poco più di 1 miliardo di euro annuo. Ne abbiamo parlato con Sergio La Verghetta, Direttore dell’Ufficio ICE di Buenos Aires, che ha voluto sottolineare come l’Argentina rimanga il Paese con la distribuzione della ricchezza meno iniqua e la classe media più estesa di tutta l’America Latina.

Italia e Argentina sono storicamente legate da radici comuni: quali sono attualmente le relazioni economiche fra i due Paesi?

Senza dubbio abbastanza buone, considerati i tempi non facili che l’Argentina attraversa e la complessa situazione delle aziende italiane che, con alcuni mercati di sbocco tradizionalmente aperti al “Made in Italy” attualmente in crisi (costa sud del Mediterraneo, Siria, Turchia e Russia) ed il rallentamento dell’economia mondiale, devono guardare a mercati che possano dare un ritorno immediato in termini commerciali. L’Argentina degli ultimi 4/5 anni non dava certo segnali positivi in proposito, con tutta la serie di misure non tariffarie introdotte dal 2010 sulle importazioni e che sono finite per diventare un vero e proprio strumento di controllo politico-finanziario sull’import. A ciò, va aggiunto un dato strutturale importante: l’Argentina è lontana dall’Italia, addirittura più lontana del Giappone, anche se la percezione è tutt’altra. Buenos Aires è praticamente alla stessa latitudine di Johannesburg ma la sensazione è che sia appena a sud di New York, o poco più giù!

Qual è oggi il valore dell’export italiano in Argentina? E da quali settori è trainato?

Siamo posizionati, ormai da qualche anno, intorno al miliardo di euro. Siamo risaliti al di sopra di questa “soglia psicologica” tra il 2010 e 2011 e rimaniamo sopra l’asticella. Per la precisione, le nostre esportazioni 2015 sono state pari a 1,063 MLD di € (Elaborazione ICE su dati ISTAT), con lieve crescita di una trentina di milioni di €, rispetto al 2014. D’altra parte, se consideriamo che le importazioni argentine, sempre nel 2015, hanno subito una contrazione di circa il 4% rispetto all’anno precedente, il risultato non è neppure così deludente come potrebbe sembrare. Il nostro export verso il Paese si caratterizza comunque per una composizione fortemente industriale. Se si sommano tutte le voci che comprendono macchinari, componenti, prodotti chimici e farmaceutici, arriviamo a circa il 90% delle nostre esportazioni. Qualche anno fa, i prodotti di consumo (moda, design, alimentare) pesavano maggiormente sulle nostre esportazioni ma oggi – e probabilmente questa è anche la ragione della nostra tenuta – pesano in misura molto inferiore.

In cosa consiste la “Revolución de la alegría” del Presidente Macri e che effetti sta producendo sull’economia del Paese?

L’attitudine della “Presidenta” Cristina Fernandez de Kirchner, soprattutto quella dopo le elezioni di medio termine del 2013 – che videro la parziale sconfitta del suo raggruppamento politico – era divenuta particolarmente aggressiva nei confronti delle opposizioni, in un clima dove molti argentini non si sentivano a loro agio a esprimere opinioni dissonanti. Macri ha voluto smarcarsi da questa modalità, in parte anche in campagna elettorale, cercando di dare un messaggio unitario e, facendo appello alla difficile situazione in cui si trova il Paese, ha richiesto a tutte le componenti politiche e sociali del popolo argentino di dare il proprio contributo. L’Argentina, secondo Macri, possiede grandi risorse nella sua terra ed enormi potenzialità nel suo popolo e per questo è convinto che dalla collaborazione fra tutte le componenti del Paese può nascere una nuova Argentina, simile a quella che, agli inizi del ‘900, si posizionava fra le prime 5/6 economie del pianeta.

Quali sono le tre ragioni per cui un imprenditore italiano dovrebbe scegliere l’Argentina per fare affari?

Possiamo enumerarne anche di più! Pur con importanti nodi irrisolti, l’Argentina rimane il Paese del Sud America, con il miglior “Indice di Gini” e quindi con la distribuzione della ricchezza meno iniqua dell’area, la classe media più estesa, la migliore istruzione, che mostra qualche pecca in anni recenti ma che si basa su un sistema che dalla seconda metà dell’Ottocento prevedeva la scuola obbligatoria, laica e gratuita fino ai 13 anni. L’indice di sviluppo del capitale umano vede l’Argentina nella fascia più alta insieme a Europa occidentale, Australia e Stati Uniti. Questo capitale umano è composto da poco più di 40 milioni di persone che vivono su un territorio ricco di tutte le risorse naturali che si possono immaginare. Certamente però il Paese ha bisogno di investimenti ed infrastrutture per rendere più efficiente un sistema economico che possa trarre un maggiore vantaggio da queste dotazioni naturali. Da ultimo, l’Argentina è parte del Mercosur e, pur con molti limiti, l’integrazione con gli altri membri del mercato – il gigante Brasile in primis – è divenuta significativa e proseguirà certamente nei prossimi anni.

Qual è la percezione dell’Italia e del Made in Italy in Argentina?

Forse in nessun Paese del mondo, l’Italia rappresenta un Paese di riferimento così importante, senza però dimenticare che l’identità argentina rimane molto forte e caratterizzata. In termini di percezione del prodotto “Made in Italy” ci posizioniamo a livelli molto alti non solo per la presenza storica di marchi italiani da anni presenti in Argentina (Fiat-Iveco e Pirelli fra gli altri ma anche Assicurazioni Generali e, fino a ieri, Telecom o ENEL – via Edesur) ma anche per la importante quota di mercato che deteniamo nella importazione in molti settori dei beni di investimento.

Quali sono i casi successo più eclatanti di PMI italiane nel Paese sudamericano ed in quali settori vede le maggiori opportunità di investimento per le nostre imprese?

Diciamo che negli ultimi 5/6 anni, non sono stati molti i casi di new entries nel mercato, a causa sia delle condizioni generali dell’economia argentina sia delle misure contingenti di limitazione alle importazioni imposte dai Governi precedenti. Fra i casi più recenti, possiamo citare NOEMALIFE, nel settore dei servizi alla salute, che ha fortemente potenziato la presenza in tempi recenti. Aggiungiamo la TAPÍ, che ha iniziato negli scorsi anni una attività di produzione nel packaging di vini e bevande. Da ultimo, la FAMI, azienda che opera nel settore dei sistemi di magazzinaggio e stoccaggio, ha riposizionato l’Argentina come mercato-base per il Sud America, rilanciando la sua presenza sul mercato. Come detto prima, il Governo Macri si propone di mettere il Paese in grado di trarre vantaggio dalle sue enormi risorse. Ad inizio settembre, Buenos Aires ha ospitato un “Forum sugli investimenti in Argentina”, organizzato sull’impronta del World Economic Forum di Davos. Energia, infrastrutture, migliorare la performance dei settori dove l´Argentina già compete a livello mondiale (agroindustria, automotive, software, educazione, telecomunicazioni) sono state poste al centro dell’attenzione dei circa 1,200 partecipanti (ca 50% argentini e 50% stranieri). In molti di questo settori, l’offerta italiana di “Made in Italy” può contribuire ai progetti di crescita del Paese.

Secondo la Sua esperienza quanto possono incidere i numerosi elementi di comunanza culturale fra i due Paesi sul futuro delle relazioni economiche italo-argentine?

In Argentina, e ancor più a Buenos Aires, è difficile incontrare una persona che non abbia un nonno o una nonna italiani. D’altra parte, il contributo della emigrazione italiana alla popolazione del Paese è addirittura leggermente maggiore di quello dell’emigrazione spagnola. Erano italiani alcuni firmatari della prima costituzione argentina, che ha quasi 200 anni. I pochi emigranti iniziali sono stati raggiunti da tre successive ondate, l’ultima delle quali verso gli anni ‘70 del XX secolo. Questo “zoccolo” di carattere culturale costituisce certamente una significativa base su cui appoggiare le relazioni di carattere economico-commerciali. Poi, ovviamente, rimangono tutte le complessità di un’economia con forti oscillazioni ed una gestione delle crisi spesso drammatica ma certo è meno difficile capirsi in un Paese dove i tre candidati alla presidenza nelle ultime elezioni avevano tutti e tre cognomi italiani!

Infine una curiosità: quali sono le differenze più evidenti fra il consumatore medio italiano e quello argentino?

Se parliamo di consumatore, e ci riferiamo solo ai beni di consumo (la moda, il design, la gastronomia), direi che non è semplice cogliere differenze! Gli argentini sono attenti alla casa, al vestire, alla cucina, con una vera passione per la loro carne, celebrata ogni fine settimana in famiglia, dove tutti si riuniscono per “l’asado” (il rito della cottura della carne, generalmente gestita dai maschi della famiglia) e la pasta, di cui invece si occupano le donne. La carne è stupenda mentre per la pasta….beh, diciamo che le modalità sono abbastanza diverse dalle nostre ma non così lontane!

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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