Oltre 17.000 imprese italiane pronte a esportare

Lo studio del Centro Studi Tagliacarne individua e analizza le imprese potenzialmente esportatrici italiane. Tra microimprese, artigiani e PMI, ecco chi può trainare la prossima fase dell’internazionalizzazione Made in Italy.
Nel panorama economico italiano, l’export rappresenta un motore essenziale di crescita, competitività e innovazione. Nonostante le recenti turbolenze geopolitiche, la capacità di operare oltre i confini nazionali continua a distinguere le imprese più dinamiche e resilienti. È in questa cornice che si colloca l’importante contributo dello studio “Potenziali esportatrici: identificazione, classificazione ed analisi” realizzato dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne in collaborazione con la Sapienza Università di Roma, che analizza il profilo delle imprese italiane con un potenziale di internazionalizzazione ancora inespresso.
L’analisi si fonda su un robusto impianto metodologico, che combina fonti statistiche ufficiali – come il registro ASIA e il database Frame SBS di Istat – con modelli predittivi di tipo multivariato e algoritmi di machine learning. Il campione analizzato comprende oltre 740.000 imprese italiane attive senza interruzioni tra il 2015 e il 2021. L’obiettivo? Individuare le imprese che, pur non essendo esportatrici abituali, mostrano caratteristiche simili a quelle che già operano con successo sui mercati esteri.
Due le categorie di imprese potenziali individuate:
L’indagine ha identificato 17.028 imprese potenzialmente esportatrici. Di queste:
Si tratta in gran parte di imprese di piccola dimensione, con prevalenza di microimprese (meno di 10 addetti) e realtà artigiane. Una caratteristica che sottolinea la necessità di politiche pubbliche su misura e strumenti di accompagnamento specifici.
La geografia delle potenziali esportatrici conferma un quadro già noto ma non per questo meno importante: il Nord Italia, e in particolare la Lombardia, è il principale serbatoio di imprese pronte a compiere il salto verso l’estero. Segue il Veneto, l’Emilia-Romagna e, in modo interessante, anche la Campania.
Tra le aspiranti esportatrici, la distribuzione regionale è la seguente:
Tra le esportatrici emergenti, le concentrazioni più alte si riscontrano in:
A livello provinciale, spiccano Milano, Torino, Roma, Napoli e Brescia.
Dal punto di vista settoriale, le potenziali esportatrici si concentrano prevalentemente in:
Le esportatrici emergenti, invece, vedono il commercio al dettaglio salire al secondo posto (15,6%) dopo il commercio all’ingrosso (23,2%), seguite da settori come la fabbricazione di prodotti in metallo (7,2%) e le industrie alimentari (4,1%).
Un dato che emerge con forza è la preponderanza delle microimprese: tra le aspiranti esportatrici, il 97,5% ha meno di 10 addetti. Una distribuzione simile si osserva anche tra le emergenti (72,6%). Questo evidenzia come il potenziale di crescita dell’export italiano risieda proprio nel tessuto imprenditoriale più piccolo e diffuso, spesso sottorappresentato nei processi di internazionalizzazione.
Un altro aspetto rilevante riguarda la natura artigiana di molte imprese. Tra le aspiranti esportatrici, il 49% è artigiana, con picchi del 76,4% nel comparto manifatturiero. Anche tra le esportatrici emergenti, oltre 3.100 imprese appartengono al mondo dell’artigianato, dimostrando che le competenze produttive tipiche del Made in Italy possono costituire un formidabile fattore di successo sui mercati esteri, a patto che siano sostenute da una strategia di accompagnamento adeguata.
Lo studio offre una base di partenza concreta per le istituzioni e le agenzie pubbliche impegnate nella promozione dell’export. Le potenziali esportatrici rappresentano una riserva strategica da valorizzare attraverso:
In questo senso, il ruolo di soggetti come SIMEST, ICE Agenzia, le Camere di Commercio e i Confidi può essere determinante per trasformare queste imprese in protagoniste del commercio internazionale.
Il Made in Italy ha ancora molto da esprimere sui mercati globali. Le oltre 17mila imprese potenzialmente esportatrici rappresentano un capitale nascosto, diffuso su tutto il territorio nazionale, capace di generare valore, occupazione e reputazione. Per farlo, serve una strategia articolata, che metta al centro i bisogni delle PMI e favorisca la creazione di ecosistemi di supporto all’internazionalizzazione.
L’Italia non è solo un Paese che esporta: è un Paese che può esportare di più, meglio e in modo più inclusivo. Lo studio del Centro Studi Tagliacarne ce lo dimostra, dati alla mano.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it - Autore Alessio Gambino
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